VARESE
L’invecchiare e la dignità
Gli anziani e la non autosufficienza: la testimonianza che fa pensare

Giovanna (nome di fantasia) abita a Varese, ha quasi ottant’anni. Il marito qualcuno in più. Si è ammalato, è diventato invalido. Ad un certo punto è stato impossibile per lei gestirlo a casa. Unica soluzione praticabile: una struttura privata. Che però costa, e parecchio. Al dolore per l’appassirsi e per l’uscita di casa forzata del compagno di una vita s’aggiunge la preoccupazione economica: non vorrebbe chiedere aiuto ai figli («hanno già i loro problemi»). Ma non resta altra strada. E allora, avanti: richiesta, accettazione, ricovero.
LE VISITE QUOTIDIANE
Giovanna va a trovare il marito tutti i giorni. Lui quasi non la riconosce più ma lei si sforza di parlargli come sempre. Normalmente. Racconta, descrive, sorride. Gli riepiloga le sue giornate: la gioia nel vedere i nipotini, le preoccupazioni, i pensieri. Poi torna a casa, sola.
Se una lacrima prova ad uscire e scenderle sul viso, lei la ricaccia dentro. «Devi essere forte», si dice. E via: cena, un libro, il pensiero al marito, il sonno (quando arriva). E il giorno dopo si ricomincia.
I PENSIERI
Giovanna si ferma spesso a pensare. Riflette e mette in luce nella sua testa un paradosso dal sapore disperato. Il suo ragionamento suona più o meno così: la ricerca e la medicina hanno compiuto passi da gigante, hanno allungato le vite, ora prendiamo un sacco di farmaci per resistere alle patologie e all’incedere del tempo, ma poi questa società delle conquiste non è preparata per accompagnare gli anziani ad una vecchiaia serena e dignitosa. Già, perché la società odierna è più egoista, individualista. Fortunatamente con delle eccezioni, ma la tendenza è questa. E comunque è una società differente da quella di ieri.
LE FAMIGLIE DI IERI
Una volta c’erano le famiglie spesso numerose. Una volta le case erano sempre popolate (oggi sovente restano vuote dalla mattina alla sera). Una volta per il nonno e la nonna, quando non erano più in grado di stare da soli, c’era la poltrona del salotto e il calore del focolare familiare. Una volta, appunto. Ora non più. E la copertura pubblica non basta a colmare questo vuoto.
Giovanna, nella sua visita quotidiana alla casa di riposo, incontra tanti anziani non più autosufficienti. Sente ogni giorno uno di loro gridare: «Voglio morire». E un altro ripetere ossessivamente: «Mamma, papà, dove siete?». Suo marito ha lei, puntuale e affettuosa. Ma molti altri non hanno alcuno che li va a trovare. Soli, dimenticati.
LA DOMANDA E L’AMAREZZA
E allora Giovanna si chiede: «Perché il mondo s’impegna e s’ingegna, studia e scopre, fa di tutto per trovare il modo di allungare la vita delle persone ma poi, quando uomini e donne arrivano a quell’ultimo tratto di esistenza conquistato anche grazie alla medicina, spesso non vengono accompagnati a percorrerlo con la dignità, la serenità e la qualità che meriterebbero?». Giovanna non ha risposte. Sa soltanto che non è giusto.
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