LA VICENDA
Lite in pronto soccorso
«Il medico non voleva curare papà». Lui: «Minacciato di morte»

Da un lato una famiglia che contesta a un medico di pronto soccorso un comportamento poco umano e poco professionale, al punto da chiamare subito i carabinieri nelle sale di emergenza. Dall’altra, il medico stesso che sul verbale della visita scrive “sono stato minacciato di morte e stasera tornerò a casa in una bara”.
Accade al Pronto soccorso di Busto Arsizio. E’ il 12 gennaio. «La notte dell’11, papà Agostino, 80 anni compiuti tre giorni giorni prima, cade in casa e viene portato in ospedale in ambulanza - racconta la figlia, Antonella Rigo - Era stato ricoverato due mesi fa in Medicina I per emorragia digestiva. Era stato rimandato a casa dopo le cure, ma non era in ottime condizioni. Quella notte è caduto mentre si alzava per andare in bagno e ha sbattuto il volto: non si riusciva a tamponare il sangue, anche a causa del farmaci che assume per problemi cardiaci».
Al pronto soccorso applicano dei punti e lo dimettono. «La mattina del 12 ho notato che non riusciva a camminare - continua la figlia - Quando aveva avuto un’altra emorragia, era svenuto e aveva centrato uno spigolo, cosa che ha provocato un ematoma subdurale che ha richiesto un intervento alla testa a Milano Niguarda. Ho temuto che fosse la stessa cosa e mi sono preoccupata». Scatta la chiamata alla dottoressa di Medicina I che ha seguito la vicenda: lei invita a eseguire una Tac. «Mio padre ha voluto andare comunque da lei, in reparto - La dottoressa lo ha visitato e ci ha chiesto di andare al Pronto soccorso, richiedendo tramite un foglio a sua firma sia la Tac sia altri esami specifici».
Al triage Agostino Rigo viene accolto con codice giallo e fatto sedere su una carrozzina. «Tremava e respirava male, dopo due ore ho chiesto quanto tempo ci volesse ancora. Mi hanno chiesto di pazientare. Dopo tre ore, papà ha chiesto di andare in bagno e proprio allora è stato chiamato il suo nome. Ho lasciato con lui mio cognato e sono corsa dal medico, dicendo che stavamo arrivando. Lui ha risposto che avrebbe chiamato un altro paziente e che dovevo spiegare il ritardo a quanti erano in attesa». Si entra in sala visita: «Da sola ho dovuto far sdraiare mio padre sul lettino - continua il racconto - Immediata la diagnosi: “Ha una diagnosi scompensata, lo faccio ricoverare dieci giorni e non gli faccio fare alcun esame, neanche se mi impiccano. Non regalo esami, io lo lascerei morire. Purtroppo viviamo in Italia, un Paese che permette di curare certa gente».
La reazione di Antonella non si fa attendere: chiede umanità, chiede che non si parli così davanti al padre. Fa chiamare il primario ed Emilio Lualdi decide esami e ricovero. «Lui è stato delizioso, ha scrollato la testa e ha detto che avrebbe preso provvedimenti - riferisce la donna - Ho allertato i carabinieri, presenti fra l’altro nel presidio, e mi hanno suggerito di querelare il medico. A lui ho detto che doveva curare bene mio padre, perché non mi fidavo. Lui ha scritto nel verbale che l’ho minacciato di morte. Ora papà è accudito in Medicina I ma piange di continuo perché si è sentito screditato, denigrato, offeso».
Le accuse al medico sono pesanti. Il primario Lualdi parla di «attriti prima del ricovero» cui di fatto non ha assistito e dice di essere «intervenuto per placare gli animi». «Credo sia un problema di cattiva comunicazione, si sono dette e interpretate alcune cose in malo modo», commenta. Giovedì 14 abbiamo cercato di avere una replica ufficiale dalla Asst Valle Olona, ma erano in corso riunioni sulla nuova organizzazione degli ospedali e non è stato possibile parlare con il direttore di presidio Antonio Triarico. Si attende, dunque, la risposta dell’Azienda alle pesanti accuse della bustese.
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