LA DENUNCIA
Morto per un’infezione: «Poteva essere salvato»
Pasquale Crocetti morì nel 2024 in Puglia. Le figlie si oppongono all’archiviazione: «I medici hanno sottovalutato il suo caso»
«Noi non ci fermeremo, non si può morire in un luogo dove si salvano vite». C’è rabbia nella testimonianza alla Prealpina della lonatese Francesca Crocetti, figlia di Pasquale morto il 2 giugno 2024 all’ospedale di Andria dopo che per ben due volte – il 28 e il 29 maggio 2024 – era andato al Pronto soccorso dell’ospedale di Bisceglie ma – denuncia la figlia – «hanno sottovalutato il suo caso e le sue condizioni di salute e solo pochi giorni dopo è morto».
Il percorso giudiziario
La famiglia è convinta che si tratti di un caso di malasanità, tanto è vero che si rivolse all’autorità giudiziaria. La procura di Trani ha però chiesto l’archiviazione a carico di tre medici del pronto soccorso dell’ospedale Vittorio Emanuele II di Bisceglie, indagati per omicidio colposo. Il pubblico ministero riconosce che «la condotta dei sanitari coinvolti non fosse esente da censura» ma aggiunge che «non è dimostrabile oltre ogni ragionevole dubbio che un comportamento diverso dei medici avrebbe evitato il decesso». La famiglia ha fatto opposizione e chiede una perizia per riaprire il caso. L’ospedale – più volte contattato dalla Prealpina via telefono e via mail – non ha risposto e, di conseguenza, non dà la sua versione.
Storia e sofferenza
Pasquale Crocetti era nato a Trani il 2 dicembre 1960. Da bambino migrò al Nord, prima a Milano, poi a Cardano al Campo e infine a Lonate. Qui rimase una quindicina di anni, poi la decisione di tornare in Puglia. A Lonate vivono la moglie Rita e le figlie Marianna e Francesca. È quest’ultima che spiega il caso: «Papà a fine marzo 2024 tornò a Trani, mamma aveva un biglietto aereo per raggiungerlo il 7 giugno». Solo che il 28 maggio Pasquale iniziò a stare male, accusando forti dolori di pancia. «Era stato portato una prima volta al pronto soccorso di Bisceglie ma lo mandarono a casa con gli antidolorifici». Il giorno dopo la stessa scena, forti dolori e il ritorno al pronto soccorso. «Nessuna analisi, nessun esame e solo una terapia antidolorifica». Tra il 30 e il 31 maggio l’aggravamento e il ricovero all’ospedale di Andria dove i medici fecero tutto il possibile per salvarlo. «È deceduto per uno shock settico», spiega la figlia. «Al pronto soccorso di Bisceglie non si sarebbero accorti di un’ulcera duodenale perforata. Se presa in tempo ci sarebbe stata una possibilità di sopravvivenza». La famiglia arrivò da Lonate il 1 giugno, l’indomani il padre morì.
L’iter infinito
È così iniziato un calvario burocratico e giudiziario. Dalla denuncia ai carabinieri di Andria fino alla richiesta di archiviazione del caso alla quale la famiglia – assistita dall’avvocato Riccardo De Lodi – si oppone. Francesca vuole portare la battaglia a Lonate. «Vorrei aprire uno sportello di ascolto a casa mia per incontri online con l’associazione In Cammino per tutti i famigliari vittime di negligenze ospedaliere». Pasquale ha donato le cornee e ora riposa al cimitero di Cardano.
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