L’INCHIESTA
L’ultrà confessa: «Ho accoltellato un rivale»
Omicidio Belardinelli, interrogato Alessandro Martinoli. Altri due supporter varesini indagati

Interrogatorio di garanzia a tempo di record per l’ultrà biancorosso Alessandro Martinoli, finito in manette due giorni fa nell’ambito delle indagini sulla morte di Daniele Belardinelli avvenuta nel corso degli scontri tra tifosi interisti e napoletani dello scorso Santo Stefano.
Il gip milanee Guido Salvini, il magistrato che ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare a suo carico per i reati di rissa aggravata, lesioni e getto di cose pericolose, lo ha sentito ieri mattina, venerdì 18 gennaio, in carcere a San Vittore.
Un incontro, che ha visto la partecipazione anche del pm Rosaria Stagnaro, nel corso del quale il 48enne di Marchirolo, componente storico del gruppo “Blood Honour” (attualmente gravato da Daspo, ma solo per le partite di basket), ha ammesso di avere accoltellato uno dei tifosi della “Curva A” del Napoli, che è poi è dovuto ricorrere alle cure dei sanitari.
Per quanto gravato da precedenti penali per detenzione di sostanze stupefacenti, più volte per furto, porto d’armi clandestine e organizzazione di scommesse clandestine, Martinoli è stato ritenuto «corretto» dal gip che lo interrogato. Tanto che non è escluso che già nei prossimi giorni possa ottenere gli arresti domiciliari.
Di sicuro, il suo difensore, l’avvocato Elena Cerri, presenterà un’istanza in tal senso entro lunedì.
«SONO STATO CON DEDE»
L’ultrà varesino ha raccontato della serata natalizia trascorsa a casa dell’amico Dede Belardinelli a Morazzone, alla presenza di altri ultrà varesini del capo dei Boys nerazzurri Marco Piovella, e del viaggio assieme in auto a Milano nel primo pomeriggio.
Dopo aver precisato di essere «solo un tifoso», senza connotazioni politiche, Martinoli ha spiegato di avere raggiunto con l’amico il luogo dei scontri in via Novara. Scontri, ha precisato, accettati «senza esitazione» anche dagli ultrà partenopei vittime dell’agguato. Al momento dell’aggressione, i due amici si sono divisi. Da un lato, Belardinelli; dall’altro, Martinoli.
«HO ACCOLTELLATO UN NAPOLETANO»
Quest’ultimo ha spiegato di essere stato colpito con un bastone da un napoletano e, per ritorsione, di avergli inferto un fendente con un coltello in suo possesso. Di fatto, la sua è una confessione piena: la scena è infatti documentata dai video in possesso alla Digos della polizia di Milano.
Nessun’indicazione, invece, sulla dinamica dell’incidente che ha portato alla morte di Belardinelli, parlando del quale ha spesso pianto durante l’interrogatorio a San Vittore.
«Era dalla parte opposta alla mia, non ho visto niente», ha fatto mettere a verbale Martinoli. Che ha dichiarato di aver rivisto Daniele Belardinelli quando lo stavano caricando in auto per portarlo in ospedale.
«Non pensavo fosse stato investito, ma solo colpito dai rivali», ha riferito l’ultrà di Marchirolo. Per questo, per vendicare l’amico, si è ributtato negli scontri. Prima di recarsi a piedi all’ospedale San Carlo, dove poche ore dopo il cuore di Belardinelli si è fermato.
ALTRI DUE ULTRÁ VARESINI NEI GUAI
Ci sono altri due ultras targati “Blood Honour” nell’elenco degli indagati a piede libero per concorso in omicidio volontario e rissa aggravata da morte e lesioni.
M.B., 37 anni di Varese, un arresto nel 2002 per scontri con gli ultrà del Livorno in una stazione di servizio tra Pisa e Viareggio, era anche lui molto vicino al “capitano” della curva biancorossa.
Individuato come appartenente ai Do.ra., accreditata dagli inquirenti come la più numerosa e organizzata comunità nazionalsocialista in terra italiana, e attualmente indagato a Busto Arsizio per il reato di ricostituzione del partito fascista, nei giorni scorsi ha lanciato sui social network una raccolta fondi per la vedova e i figli di Belardinelli.
Invece F.D.N., 45 anni, varesino, ha alle spalle una condanna in abbreviato a un anno di reclusione per lesioni aggravate dall’odio razziale. Come ritorsione per la morte del barista di Besano Claudio Meggiorin, partecipò a una sorta di “caccia” messa in atto, poche ore dopo il delitto, il 13 giugno 2005, durante un corteo organizzato dagli ultras biancorossi per le vie del centro di Varese.
© Riproduzione Riservata