LA SENTENZA
Luvinate, «cane maltrattato»: il post costa caro
Donna accusata di diffamazione su Facebook
In vacanza in Valle d’Aosta, una donna di Luvinate fotografò un cane sul balcone di una casa e postò l’immagine su Facebook, ipotizzando un caso di maltrattamento di animali. Il post fu condiviso da diverse pagine di animalisti e diede origine anche a una petizione. Una ricostruzione infamante, secondo la padrona del cane, che ha quindi denunciato per diffamazione la 59enne varesina, ora sotto processo in Tribunale a Varese.
La vicenda risale ai primi di giugno del 2021. In villeggiatura in montagna, l’imputata fu colpita da quel cane di taglia medio-grande che «viene tenuto a vivere H24 su un balcone di due metri quadrati, sotto l’indifferenza di tutti - così scrisse sul social network - Dalle prime ore del pomeriggio arriva il sole e picchia pericolosamente fino al tramonto». A sostegno della propria tesi, pubblicò una foto dell’animale sul terrazzo della villa; animale la cui posizione, a suo dire, lasciava intendere l’intenzione di «lanciarsi dal balcone» per sottrarsi a una «penosa situazione». Secondo lei, il salto nel giardino sottostante era l’unica alternativa a «morire per un colpo di calore». Da qui l’appello a scrivere urgentemente al Comune e alla polizia locale del paese valdostano «per far terminare questo schifo vergognoso».
Il tam tam funzionò, tanto che il municipio fu sommerso di richieste di intervento e fu avviata una petizione in difesa del «povero cane». Ma i vigili urbani, come spiegato dalla stessa animalista nei post successivi, le hanno risposto spiegando che «il cane sta bene e che in passato ci sono stati controlli».
Ma foto e testo sono ancora lì, e la proprietaria del quattro zampe ha deciso di querelare chi ha fomentato la campagna contro di lei. Sostenendo che il cane è sempre stato trattato bene e non ha nessun problema, se non una malattia dell’apparato digerente a causa della quale la veterinaria aveva consigliato di non farlo stare in giardino (con il rischio che mangiasse l’erba, con conseguenze dannose per la salute) nel periodo in cui si sottopone a particolari cure. Da qui - ha spiegato rispondendo alle domande del giudice Alessandra Sagone e del pm Antonia Rombolà - la necessità di tenerlo in casa, mentre sul balcone sarebbe stato lasciato soltanto quando la signora doveva fare addormentare il figlio di pochi mesi. La donna valdostana, parte civile con l’avvocato Valeria Fadda, ha dato la disponibilità a ritirare la querela in cambio di una lettera di scuse, ma la trattativa non è andata a buon fine. Il difensore dell’imputata, l’avvocato Vincenzo Toscano, spiega invece che la 49enne era profondamente convinta, in buona fede, che quel cane fosse maltrattato; per quello aveva scritto alle autorità, ma non avendo avuto riscontri decise di pubblicare il post su Facebook.
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