LA SENTENZA
«Magistrati diffamati». Ma Paragone è assolto
Per il giudice il giornalista varesino esercitò il diritto di critica

«Non diffamò i magistrati, perché esercitò il legittimo diritto di critica giornalistica». Il giornalista varesino Gian Luigi Paragone è stato assolto dall’accusa di aver offeso la reputazione dei membri della commissione esaminatrice del concorso per uditori giudiziari bandito nel 2018.
A denunciarlo erano stati dodici magistrati - nove dei quali costituiti parte civile nel processo davanti al Tribunale di Genova (competente in base alle tabelle prestabilite qualora giudici o procuratori siano parte nel processo) - in seguito a un articolo comparso nel blog www.ilparagone.it dal titolo “Errori, accuse, ricorsi: l’assurda storia del concorso per magistrati”. Articolo che, richiamando un esposto presentato da due candidati esclusi, parlava di «irregolarità» e di «errori di ogni tipo, a partire da quelli di ortografia fino ad arrivare a veri e propri schemini forniti ad alcuni candidati, un modo non troppo velato per fornire le risposte corrette». Un commento che, si legge nella sentenza emessa al termine di un giudizio abbreviato (nel quale lo stesso pm aveva chiesto l’assoluzione), «arreca senza dubbio un vulnus alla reputazione» dei magistrati. Ma sussiste anche la “scriminante” del diritto di critica che rende l’ex parlamentare «non punibile». Riportando il contenuto dell’esposto, infatti, Paragone «non ha inventato di sana pianta» quelle «pur gravi accuse», a cui «si è limitato a dare eco, in forma pertinente». Insomma, Paragone ha «dato enfasi a gravi perplessità sull’operato della commissione» che i due candidati bocciati «hanno veicolato nei canali giurisdizionali amministrativi propri». Ma ha legittimamente esercitato il diritto di critica, quindi non è punibile e va assolto. Soddisfatto il suo difensore, l’avvocato Eugenio Piccolo: «La particolarità di questo processo era costituita, oltre che dal merito, trattandosi di reato consumato online - e perciò non agevolmente riconducibile all’interno della categoria “mezzo di pubblicità” - dal ruolo ricoperto dalle parti civili, non essendo certamente usuale che Giudici di consolidata esperienza ed autorevolezza avviino a propria tutela, ma a spese dello Stato, un lungo processo penale rivelatosi, poi, del tutto infondato. La sentenza non è solo significativa per la puntigliosa e coerente applicazione degli elementi a presidio del diritto di critica quali scriminante, ma restituisce, non solo a Paragone, fiducia nella Magistratura e soddisfazione per il riconoscimento di diritti costituzionalmente garantiti».
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