LA CASSAZIONE
Carrellisti: non è reato
«L’attività non è criminosa». Illegittimi i fogli di via ai danni dei facchini abusivi
Il carrellismo abusivo non è reato. Nessuno potrà più contestare il proliferare di disagiati che si affannano - e, come accadde, a volte si accoltellano - per un trolley. E se lo sceicco riccone ha piacere di retribuire il servizio tirando fuori i petroldollari dal portafogli, affari suoi.
È una realtà che complica non poco la tutela della sicurezza allo scalo e che, di fatto, comprime gli spazi di manovra della polaria che in questi anni tanto ha fatto per allontanare i facchini illegali. Ma lo dice la cassazione, con una sentenza che riguarda proprio uno di quei clochard che popolano Malpensa vivendo di espedienti.
Gli agenti della polizia di frontiera, al quarantaseienne originario di Gallipoli, ad agosto del 2013 avevano consegnato il foglio di via della durata di tre anni, perché ritenuto molesto e fastidioso nella sua caccia al passeggero da spennare.
Ma il pugliese violò il provvedimento del questore in almeno due occasioni, a novembre del 2013 e a gennaio del 2014 e finì a processo. In primo grado, con la formula del rito abbreviato, l’uomo era stato condannato a un mese di arresto, in appello la sentenza venne confermata, ma il difensore non si arrese. E gli ermellini hanno accolto le sue tesi: il fatto non sussiste. L’uomo «realizzava condotte penalmente lecite, il carrellismo abusivo, apoditticamente qualificato come un pericolo per la tranquillità e la sicurezza pubblica, è un’attività al più non corretta, ma sicuramente non criminosa».
La sentenza impugnata, per giustificare l’adozione del provvedimento amministrativo, faceva riferimento a un’attività lavorativa in grado di «recare un pregiudizio alla tranquillità pubblica», perché esercitata con «modalità inesistenti». A parere dell’avvocato - condiviso dalla suprema corte - sono evidenti «la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione»: non è infatti possibile verificare la sussistenza del presupposto per l’applicazione della misura di allontanamento dal Comune di Ferno (quindi dallo scalo) ed è altrettanto illogico formulare una prognosi di pericolosità sociale del pugliese. Servono infatti «elementi di fatto» per sancire il pericolo per l’integrità fisica e morale di minori, o per la sanità o per la tranquillità pubblica. Servono, per emettere il foglio di via obbligatorio, reati debitamente accertati al termine di un procedimento penale. E ancora non basta: l’espulsione da una località colpisce solo gli individui che, appunto, mettono costantemente a rischio i bambini, che veicolino epidemie, che turbino la pace sociale.
Le prime due sentenze intravvedevano nel facchinaggio in nero una sorta di truffa ai viaggiatori, importunati dai senzatetto questuanti. Ma per gli ermellini si tratta «di una ricostruzione che non è stata agganciata ad alcun concreto dato processuale e che soprattutto non appare affatto idonea a fondare alcuna prognosi in ordine alla futura commissione di condotte di rilevanza penale, non potendo accreditarsi alcuna necessaria interdipendenza tra reati e condizione di marginalità socio-lavorativa». È il caso insomma di citare un’intramontabile pellicola anni Settanta: la polizia ha le mani legate. Negli ultimi anni erano stati numerosi i blitz coordinati per reprimere il fenomeno del racket dei carrelli. Perché la lotta per il controllo del business era diventata all’ultimo sangue, nel vero senso della parola visto che i facchini erano arrivati a difendere il proprio settore a suon di coltellate.
Alla luce del pronunciamento della cassazione, però, le operazioni di bonifica dell’aeroporto risultano ormai inutili. Certo, carta bianca sulla tutela dell’ordine pubblico. Ma prestarsi come portabagagli in cambio di denaro non lo minaccia. E da Malpensa nessuno potrà più essere cacciato perché “sgradito”.
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