TIFOSO MORTO
Dede, condanna bis
Tifo violento: due mesi in più in appello per l’amico Martinoli

Condanna bis di poco più pesante - da tre anni a tre anni e due mesi di reclusione -, per Alessandro Martinoli, 49 anni di Marchirolo, l’ultrà biancorosso, targato Blood Honour, coinvolto nella guerriglia di via Novara avvenuta prima di Inter-Napoli la sera di Santo Stefano del 2018 in cui perse la vita l’amico fraterno Daniele “Dede” Belardinelli, 39 anni di Morazzone. A stabilirlo la sentenza della terza Corte d’Appello di Milano presieduta dal giudice Francesca Marcelli.
Attualmente sottoposto alla misura cautelare dell’obbligo di dimora a Marchirolo, tra un paio di mesi (il tempo del deposito della sentenza d’appello e nel caso non venga proposto ricorso per Cassazione) “Bimbo”, come lo chiamavano tutti gli amici della curva biancorossa, potrebbe tornare in libertà. In primo grado era stato condannato, al termine di un giudizio con rito abbreviato, a tre anni per rissa aggravata dall’evento morte, lesioni aggravate dall’uso di un coltello (con il quale ferì un ultrà napoletano, che poi fu costretto a ricorrere alle cure dei sanitari) e lancio di oggetti pericolosi anch’esso nella forma aggravata.
«Siamo di fronte a un’indebita duplicazione nell’uso delle circostanze aggravanti», lamentava nel proprio atto d’appello il difensore di Martinoli, l’avvocato Marco Bianchi. Tuttavia, l’istanza del legale è stata rigettata dalla Corte d’Appello. Stessa fine anche per le istanze delle difese degli altri quattro ultrà nerazzurri sotto processo. Semaforo verde, invece, per le richieste di inasprimento di pena al centro dell’atto di impugnazione presentato dal procuratore aggiunto di Milano Letizia Mannella e dai sostituti Michela Bordieri e Rosaria Stagnaro. La contestazione aggiuntiva - lesioni in concorso nei confronti di due supporter napoletani (contestazione esclusa in primo grado) -, ha comportato un aumento di due mesi di reclusione tanto per Martinoli quanto per tutti gli altri ultrà dell’Inter gravati dalle stesse imputazioni del 49enne di Marchirolo.
Così, la pena nei confronti di Marco Piovella, detto “il Rosso”, ritenuto capo dei Boys della curva interista, e di Nino Ciccarelli, storico capo dei Viking della stessa curva, è salita a tre anni e a tre anni e 10 mesi di reclusione; quella degli altri due ultrà interisti, Francesco Baj e Simone Tira, a due anni e otto mesi.
Arrestato poche settimane dopo gli scontri di Santo Stefano, nel corso dell’interrogatorio di garanzia Martinoli aveva «ammesso di aver partecipato in prima fila all’aggressione, scontrandosi con un tifoso napoletano, che nella colluttazione l’indagato ha ferito all’addome con un coltello che aveva con sé», e «che dopo che Belardinelli era stato travolto dall’auto, era tornato in via Novara per riprendere lo scontro con i tifosi avversari». Secondo quanto è stato ricostruito dagli inquirenti, Alessandro Martinoli, ora gravato da un Daspo che gli vieta l’accesso agli stadi per i prossimi otto anni, trascorse parte del Natale 2018 a casa di Belardinelli assieme a Marco Piovella e, l’indomani, scese a San Siro con il “capitano” della curva ultrà biancorossa a bordo della Fiat 500 di quest’ultimo.
A proposito dell’indagine sulla morte di Belardinelli, si è ancora in attesa del deposito dell’avviso di chiusura delle indagini da parte della Procura del capoluogo lombardo. Da quasi un anno risulta essere sottoposto a misura cautelare (agli arresti domiciliari) il 40enne napoletano di Arzano Fabio Manduca. È accusato di omicidio volontario, e cioè di aver investito di proposito con la sua auto il 39enne di Morazzone, deceduto poche ore dopo l’impatto.
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