LA PROTESTA
Mirko Rosa non può lavorare
Respinta dal giudice la richiesta. L’ex re dell’oro sbotta: «Allora mantenetemi in galera»

Ha chiesto al gup Patrizia Nobile la possibilità di lavorare: a Mirko Rosa le porte le aveva aperte l’autofficina diMarco Quiriconi, l’imprenditore che lavora per procura e tribunale come custode giudiziario.
Ma il giudice ha detto no: «L’attività implicherebbe servizi esterni che snaturerebbero la portata della misura detentiva. Ogni altra misura non è adeguata a prevenire il pericolo di recidivanza specifica, vista la caratura criminale dell’imputato», ha spiegato il magistrato rigettando l’istanza, in accordo con il parere negativo del pm Nadia Calcaterra. Apriti cielo. Ora Rosa non lo tiene più nessuno. «A questo punto voglio andare in carcere, così mi mantenete voi. Sono pronto allo scambio: prendete me e liberate Andrea Fisichella, un altro ingiustamente detenuto».
Rosa sbotta e fa dichiarazioni pesanti, anche sotto il profilo societario e parla di disparità di trattamenti. «Gli unici imputati ancora in custodia cautelare siamo io e Fisichella. Giacomo De Luca, che ha collaborato con gli inquirenti, è ai domiciliari solo perché gli conviene scontare, gli altri sono liberi anche di patteggiare secondo i loro comodi e i loro tempi, risarcendo con i soldi miei e di Fisichella. E a me viene negato il diritto al lavoro».
Mirko Rosa, che ha impugnato la condanna in primo grado a tre anni e otto mesi, si rivolge ai magistrati: «Avete scordato l’articolo 27 della Costituzione? Anche il presidente Mattarella ha parlato di rinnovamento del modello di detenzione, sottolineando la funzione di rieducazione e possibilità di lavoro e di apertura alla società esterna». Intanto lunedì Fisichella sarà interrogato dal pm per chiarire la vicenda delle minacce inviate a Schillaci mentre era ai domiciliari. «Ha sbagliato i modi», commenta Rosa, «ma era una rivendicazione lecita».
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