IL CASO
Multimedica condannata
Paziente guarita da tumore vince la causa per il danno estetico

L’energia devastante di un tumore lascia già di per sé un trauma profondo. Se poi si aggiungono i danni irrecuperabili di un intervento eseguito con scarsa cura per l’estetica, diventa davvero difficile ritrovare la forza di ripartire. Lo sa bene la paziente della Multimedica che pochi giorni fa - difesa dagli avvocati Chiara Tacchi e Mirko Tosini - ha vinto la causa civile in tribunale a Busto. La struttura sanitaria è stata condannata in primo grado al risarcimento di 100mila euro. Denaro che non restituirà alla donna - che è comunque guarita dalla patologia oncologica - la femminilità perduta, ma che è comunque un monito a chi indossa un camice.
«Siamo molto soddisfatti dell’ottimo risultato ottenuto. Sebbene negli ultimi anni si sia attenuato quel senso di impotenza che accompagnava in passato le vittime di malpractice medica, le persone hanno comunque spesso paura di aggiungere strazio alla precedente sofferenza», commentano gli avvocati Tacchi e Tosini. L’incubo della neoplasia si materializzò nel 2011. Dopo un ciclo di chemioterapie l’allora trentottenne venne ricoverata alla Multimedica e sottoposta a «mastectomia sinistra con conservazione del complesso areola capezzolo. Dissezione ascellare omolaterale. Posizionamento di espansore cutaneo». Intervento riuscito, cancro rimosso. Ma a distanza di un paio di settimane la paziente dovette ritornare d’urgenza all’ambulatorio di chirurgia plastica per il trattamento di una grave ulcerazione del capezzolo: era infatti comparsa un’infezione a livello della ferita periareolare, che poi si aggravò fino alla formazione di necrosi nella zona interessata. Nei mesi successivi la paziente dovette tornare periodicamente alla Multimedica per il gonfiaggio dell’espansore, fino alla programmazione di un intervento di «rimozione di espansore tessutale dalla mammella, impianto di protesi bilaterale e mastopessi», senza, sottolineano gli avvocati, che le venissero fornite le opportune informazioni e spiegazioni. La donna nemmeno aveva compreso che l’intervento avrebbe determinato l’impianto di una protesi anche alla mammella destra, quella sana, ritenendo che il chirurgo si sarebbe limitato a effettuare, così come indicato in cartella clinica, l’intervento di mastopessi, ossia il lifting per sollevare e rassodare il seno. Invece, all’esito dell’operazione la paziente si ritrovò una seconda protesi, sproporzionata e malposizionata. La paziente insomma si risvegliò con un’evidente asimmetria tra l’una e l’altra mammella. Quella destra era di volume nettamente aumentato, quella sinistra marcatamente sottodimensionata. Il danno estetico ebbe ripercussioni di carattere psicologico e ricadute nella vita di relazione e di coppia.
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