LA TESTIMONIANZA
«Narcotico nel bicchiere, così Sergio mi rapinò»
In aula il racconto di una vittima di Domenichini

«Da casa mia sono spariti tre anelli, comprese le fedi dei miei genitori, monetine e francobolli da collezione, e la Playstation che mio nipote aveva lasciato su un comodino. È per questo che Domenichini ha fatto quello che ha fatto: non si può proprio dire che sia stata un’impresa alla Diabolik e che abbia rubato i gioielli della regina...».
IL PROCESSO
È sconsolato il sessantaduenne disabile che ieri, giovedì 9 febbraio, ha testimoniato in tribunale come parte offesa in un processo che vede Sergio Domenichini - presunto assassino della pensionata malnatese Carmela Fabozzi e detenuto dallo scorso mese di agosto per quel delitto - in questo caso sotto accusa per rapina aggravata. Una rapina che l’uomo avrebbe commesso nel marzo 2019 facendosi ospitare dall’amico disabile e mettendogli un narcotico nel bicchiere nel corso della prima cena della loro convivenza (che doveva essere breve). Il poveretto quindi svenne e finì in ospedale per un paio di settimane, lasciando casa e beni a disposizione di Domenichini, che secondo il capo d’imputazione avrebbe approfittato della situazione da lui stesso creata non solo per avere per qualche giorno un tetto sopra la testa, ma anche per arraffare i pochi oggetti di valore che scovò nei cassetti.
LA TESTIMONIANZA
La parte offesa ha raccontato tutta la storia al collegio presieduto da Andrea Crema, rispondendo alle domande del pubblico ministero Valeria Anna Zini e con l’assistenza dell’avvocato Andrea Fontana. «Conoscevo Domenichini dagli anni Ottanta - ha detto - perché frequentavamo gli stessi bar, ma poi l’avevo perso di vista. Alla fine del 2018, dopo vent’anni, lo rivedo e il 21 marzo 2019, bevendo un bianchino davanti al Comune, dove lavoravo, mi racconta che a casa ha una perdita d’acqua e dovrà andare in albergo a dormire durante i lavori di ristrutturazione, cosa che gli creerà grossi problemi economici. Allora ho pensato: è un brav’uomo che fa del volontariato e ha una pensione da 900 euro, perché non dargli una mano? E gli ho detto che potevo ospitarlo per qualche giorno, fino alla fine dei lavori».
La sera dopo, così, a casa del sessantaduenne, i due si mettono a tavola per la prima volta: «Stavo preparando da mangiare, mi sono voltato e ho visto che nel mio bicchiere pieno d’acqua c’era una pallina, sembrava formaggio. Ho chiesto: «Sergio, mi hai messo qualcosa nel bicchiere? Lui mi ha detto: «No, no», allora l’ho svuotato e abbiamo iniziato a mangiare. Dopo qualche minuto lui mi ha chiesto: «Devo chiamare il pronto soccorso?», io gli ho risposto: «Perché?» e poi sono crollato». In ospedale si scoprirà poi che il disabile aveva in corpo benzodiazepine, pur non avendo mai fatto uso di tranquillanti. E la presunta rapina diventerà un’ipotesi anche per il comportamento di Domenichini nei giorni seguenti: «Gli diedi 200 euro pregandolo di pagare per me una stecca di sigarette e una bolletta, mi disse che l’aveva fatto, ma non era vero. E quando tornai a casa e scoprii che mi aveva derubato, lo chiamai e più volte gli mandai messaggi. Se mi avesse restituito tutto non l’avrei denunciato, ma lui si negò sempre».
La parte offesa ieri è stata interrogata anche dal legale di Domenichini, l’avvocato Francesca Cerri, che ha evidenziato alcune contraddizioni tra il primo racconto dei fatti, nella denuncia, e quello in aula. Difesa difficile, comunque, perché il suo cliente è già stato condannato, con sentenza definitiva, per una rapina caratterizzata dallo stesso modus operandi, ovvero l’uso di un narcotico.
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