L’INCONTRO
Nazzi a Fagnano, tra Bestie di Satana e delitto di Samarate
Lo scrittore e giornalista intervistato dal direttore Pascarella

Dalla banalità del male di Hannah Arendt alle Bestie di Satana: una serata tra cronaca nera e i grandi interrogativi esistenziali legati a delitti e storie che stanno dietro a ogni caso. Venerdì sera nella sede della Valle di Ezechiele il direttore de La Prealpina Silvestro Pascarella ha intervistato Stefano Nazzi, giornalista e scrittore, autore del podcast Indagini (che è si è aggiudicato il premio come miglior podcast dell’anno) e autore del libro “Il volto del male”. Un appuntamento organizzato dal cappellano del carcere di Busto Arsizio don David Maria Riboldi per rendere viva l’associazione e affrontare temi delicati con lo sguardo del giornalista, del cronista, privo da ogni giudizio ma che ha messo insieme i fatti rileggendo sentenze di condanna, gli atti processuali e in alcuni casi intervistando. «Ci interessano sempre le storie, alcuni casi da giornalista li ho seguiti direttamente e altri indirettamente», ha esordito il direttore de La Prealpina che proprio in questi giorni è alle prese con il delitto di Samarate legato ad Alessandro Maja, il geometra che ha sterminato la famiglia lo scorso anno ma che pure ha sempre seguito tra i tanti casi. Il pubblico ha seguito con enorme interesse la riflessione legata a omicidi che hanno scosso l’Italia, sono nella memoria collettiva e l’hanno divisa.
«Nessuno ha saputo dire il perché avesse ucciso», ha spiegato facendo sintesi Nazzi delle Bestie di Satana ricordando che il padre di Fabio Tollis avesse chiesto agli “amici” assassini del figlio il motivo. Così come si è parlato del delitto di Cogne e quello della suora di Chiavenna, per arrivare al mostro di Foligno oppure a Donato Bilancia.
I giornalisti hanno toccato anche il tema della disumanizzazione degli assassini: i mostri che vengono emarginati nelle carceri. E nessuno vuole parlare delle carceri. Pascarella e Nazzi hanno affrontato anche il delicato tema della narrazione giornalistica, i “processi” in televisione, la spettacolarizzazione. Il caso emblematico citato da Nazzi è stato l’omicidio di Sarah Scazzi ad Avetrana: si parlava di “Zio Michele“, senza usare il nome e cognome. Sotto “inchiesta” anche il linguaggio stereotipato. Una serata a tutto tondo, con le consuete graffiate di don David mai bigotte ma sempre puntuali prima di tutto da uomo di fede e poi da prete.
Tra i presenti c’erano il magistrato Nicoletta Guerrero molto legata a don David e alla Valle di Ezechiele, il difensore regionale Gianalberico De Vecchi, oltre a Stefano Binda (accusato poi e assolto per l’omicidio di Lidia Macchi) e Nino Caianiello, per molti anni è stato uno degli uomini politici dietro le quinte più importanti di Forza Italia in Lombardia, dopo aver scontato la pena. Una serata in cui si è riflettuto sulla condizione umana, tra le pieghe di emozioni (quando si uccide non si ha certo empatia, si pensa solo a se stessi eliminando l’altro), psiche e società, concetti filosofici di male, cattiveria, regole sociali per contenere il male. Che evidentemente fa parte della vita.
© Riproduzione Riservata