NARRATIVA
«Nel mio Vortice c’è anche Varese»
Presentata a Lucca l’opera dello scrittore di origine varesine Giovanni Delvò

Nel suo ultimo libro, lo scrittore varesino Giovanni Delvò si tuffa nella materia umana cercando di sondare il rapporto tra autenticità e omologazione. Il protagonista del romanzo Vortice. Una vita non vissuta (Albatros) preferisce il suo personale mondo di pensieri, vividi e concreti, alla realtà esterna.
Di pagina in pagina, attraverso una narrazione che trascina grazie al flusso di coscienza, proprio la sua strenua resistenza contro un mondo estraneo e privo di senso - che invece lo vorrebbe perfettamente integrato - finirà comunque per dover fare i conti con tutto ciò che ha sempre allontanato. Delvò, fratello del sassofonista Fabio e da anni residente in Toscana, dal 2007 ha pubblicato diversi romanzi e racconti tra cui Doc Jim, finalista al premio letterario nazionale Santa Barbara.
Dopo il primo firmacopie ufficiale di Vorticealla Libreria Mondadori di Lucca, che si è tenuto lo scorso fine settimana, l’autore ha condiviso alcune riflessioni sul suo nuovo romanzo.
Giovanni, Vortice scava nel profondo…
«Per necessità di sopravvivenza il protagonista si crea un mondo alternativo fatto di pensieri. La sua però non è follia, ma la ricerca di un rifugio in sé stesso perché gli altri vivono in serie, in modo stereotipato. Andando avanti tuttavia si rende conto che deve avvicinarsi alla realtà».
C’è una critica alla società di oggi?
«In un certo senso, sì. Il sistema in cui viviamo porta ad un annullamento della personalità: spesso si fanno le stesse cose».
Quali tecniche narrative ha utilizzato?
«Chi ha letto il libro vi ha trovato molto realismo. Inoltre i pensieri portano a un flusso di coscienza che ha un ritmo serrato».
Alla fine chi vince, il protagonista o la realtà?
«Beh, la realtà è sempre più forte, ma non dico di più».
Dove è ambientata la storia?
«Quasi tutta a Varese. Ci sono dei luoghi riconoscibili come via Dandolo e via Cernuschi, per esempio».
Com’è il suo rapporto con la scrittura?
«Il mio lavoro mi porta a occuparmi di giardini e questo mi permette di avere lo spazio mentale per pensare e prendere appunti. Di solito scrivo quando ho tempo dunque quando piove o è brutto. Quando lo faccio, mi immergo talmente nella storia che la vicenda e i personaggi diventano quasi tangibili. Per me scrivere non è velleità, ma un’esigenza».
In quanto tempo ha preso forma questo romanzo?
«È uscito alla fine del 2022 ma ci sono voluti quindici anni da quando ho avuto la prima idea».
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