NATURA
Nel Varesotto è tornato il lupo
Uno trovato morto a Somma Lombardo e un altro avvistato a ridosso del confine della Svizzera. Daniele Baratelli, funzionario della Provincia, è sulle tracce del lupo ma, spiega, il vero problema è quello dei cinghiali.

"Si parla della possibile presenza del lupo nel Varesotto. Leggenda, sospetto o realtà? Un esemplare è stato trovato, morto, a Somma Lombardo, un paio d’anni fa, e un altro in territorio svizzero a ridosso del confine. Non si può escludere, visto che percorre decine di chilometri, qualche scorribanda anche nell’Alto Varesotto. Ma è un animale molto intelligente e “riservato”: non attacca l’uomo e si nasconde. La sua presenza sarebbe però un fattore positivo nell’equilibrio della biodiversità: attacca gli ungulati, magari quelli giovani, esattamente come fa la lince". A dare la notizia è Daniele Baratelli, funzionario faunistico della Provincia, che sarebbe ben felice del ritorno del lupo "perchè - dice - ci aiuterebbe ad affrontare il problema dei cinghiali".
È difficile censire il numero di cinghiali presenti in provincia di Varese. Si stima che siano tremila. Per contenere la diffusione - gli ungulati provocano danni all’agricoltura e sono causa spesso di incidenti stradali - è scattata la caccia di selezione nei comprensori 1 e 2 che corrispondono, rispettivamente, a Varese, Valcuvia e Valceresio il primo, la parte bassa della provincia il secondo.
C’è poi l’ambito di caccia alpino - il Luinese per intenderci - dove non sono previsti gli abbattimenti in via preventiva. A spiegare il fenomeno e le regole venatorie, il vice presidente della Provincia, Giorgio Ginelli, che ha la delega anche alla caccia, e il funzionario dell’area faunistica di Villa Recalcati, Danilo Baratelli.
L’interesse sui cinghiali nasce da un fatto di cronaca dei giorni scorsi: il recupero di un esemplare, morto da giorni, nei boschi di Mondonico. Ucciso dai cosiddetti “cinghialisti”, cacciatori autorizzati e formati attraverso un apposito corso (sono 500 in provincia), oppure dai bracconieri? Due precisazioni per fare luce. La caccia selettiva è prevista da un’ora prima dell’alba e una dopo il tramonto. Sarebbe quindi esclusa la notte - dove invece si avvertono spari in alcune zone, come appunto la Valganna e la Valcuvia - ma «l’articolo 41 delle legge regionale 26 del ‘93 permette delle uscite notturne di controllo, con eventuali quindi abbattimenti di cinghiali, insieme però al nucleo faunistico della Polizia provinciale.
Potrebbe dunque trattarsi di spari leciti quelli che hanno squarciato il silenzio delle ore piccole. Anche perché, spiega il funzionario Baratelli, grande esperto della fauna selvatica del territorio prealpino, osserva che i bracconieri spesso agiscono con silenziatori e addirittura con balestre di precisione, che non fanno rumore. Ma il problema degli abusivi esiste e il vice presidente Ginelli non fa sconti: «La caccia ha le sue regole che devono essere rispettate, coloro che le infrangono vengono sanzionati in maniera decisa e grave. Gli animali selvatici rientrano nel patrimonio dello Stato: il bracconaggio è in sostanza un furto». Che comporta, precisa il funzionario Baratelli, una denuncia penale.
Villa Recalcati, nell’ottica della prevenzione, ha messo in campo, con Ginelli, un piano anti-bracconaggio che si articola in più misure, tra cui quella dei controlli mirati. «E’ un’attività, diciamo così, di intelligence, acquisiamo indizi sui luoghi dove possono agire i bracconieri. E nadiamo a stanarli». Diversi - i bracconieri - già sanzionati. Gli abusivi vendono la carne senza sottoporla a controlli veterinari: c’è il rischio di problemi per la salute di chi la mangia. Detto questo, la popolazione dei cinghiali va tenuta sotto controllo perché crea danni all’agricoltura e incidenti stradali. Due dati: nel 2013, gli animali dai dentoni all’insù hanno causato danni per 150.000 euro; nel 2014, la cifre. si è dimezzata».
Questo grazie anche, soprattutto ai mezzi di prevenzione - spiegano in Provincia -. Il più efficace è la recinzione elettrificata con batteria a secco».
E’ in sostanza il filo con la corrente a tenere a distanza gli ungulati. Alla caccia selettiva, si aggiunge poi quella collettiva che si svolge da novembre a gennaio, compresi. Anche qui, i cacciatori - pur non cinghialisti che sono circa 500 su 3.000 - devono avere dimestichezza con gli ungulati. Le battute avvengono a “braccata”, con i cani; da quest’anno verrà sperimentata quella a “girata”, ovvero con un solo segugio e più cacciatori, soluzione ideale per le zone più urbanizzate. E l’attività venatoria, sui grossi animali, riguarda anche mufloni, cervi e caprioli (c’è anche qualche camoiscio ma solo nella cosiddetta zona alpina). I I mufloni, simili a pecoroni, sono stati introdotti negli anni ‘80; se ne stimano circa 200 e l’abbattimento annuale riguarda una settantina di esemplari.
Sono animali, spiega il funzionario faunistico della Provincia, che vivono in montagna: non fanno danni quindi all’gricoltura ma al bosco sì, scorticano gli alberi. La carne non è pregiata come quella del cinghiale. Cervi e caprioli: in totale sono circa duemila - secondo le stime di Villa Recalcati - equamente distribuiti. Qui, il discorso degli abbattimenti è rovesciato: non devono essere uccisi più del 10%, altrimenti si rischia il depauperamento faunistico. Tornando ai cinghiali, l’obiettivo è quello di ridurre del 50% i capi; obiettivo che lo scorso anno e quello in corso è stato raggiunto.
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