IL PERSONAGGIO
Mombelli, professione rapinatore
Ha confessa l’assalto di via Piave. Nel suo passato svariate condanne tra cui quella per l’omicidio del cartolaio legnanese Alessandro Pastore nel 1999

«Mi scusi, tanto che ci siamo: per caso la rapina in tabaccheria l’ha fatta lei?».
Diego Mombelli - quarantanovenne iper pregiudicato - aveva due scelte l’altra sera, davanti alla polizia che gli ha fatto visita a casa per notificargli l’estradizione in Svizzera: finire in un carcere elvetico oppure giocare in casa, differendo così il confronto con i magistrati d’oltre frontiera.
Ha optato per la seconda ipotesi. «Sì, la rapina l’ho fatta io». Si può riassumere così l’epilogo delle indagini condotte da carabinieri e polizia e coordinate dal pubblico ministero Nadia Calcaterra: l’uomo che il 18 dicembre ha assaltato l’attività di via Piave a colpi d’arma da fuoco ora si trova dietro le sbarre in attesa dell’udienza di convalida davanti al gip di Varese, perché è lì che è stato trovato.
Poi gli atti torneranno in procura a Busto Arsizio per gli opportuni sviluppi investigativi. Nell’abitazione di Mombelli gli inquirenti hanno trovato e sequestrato un revolver calibro 357 magnum con la matricola abrasa, una scatola zeppa di proiettili, la motocicletta Kawasaki nera, usata per la fuga, tappezzata di nastro adesivo per camuffarla, il casco grigio che indossava mercoledì, il denaro che coincide con l’ammontare del bottino, 32 euro in monete e ventisei gratta e vinci. E poi, ancora, un teaser da 50mila chilo volt, un coltello a serramanico e droga per chiaro uso personale.
La “fama” che si è costruito in decenni di carriera criminale ha trovato nuove conferme. Su di lui pendeva appunto un mandato di cattura ai fini estradizionali emesso dalla corte d’appello di Milano su richiesta dell’autorità della confederazione elvetica sempre per rapina ma a un benzinaio. Del resto già nel 2012 era stato arrestato dalle Guardie di confine al valico del Marcetto a Novazzano per l’ennesima rapina, coazione ripetututa, sequestro di persona e rapimento ripetuto, tutti articoli del codice penale svizzero.
Dal carcere era uscito due anni prima, dopo aver scontato una parte dei diciassette anni di reclusione inflitti per l’omicidio del cartolaio di Legnano Alessandro Pastore. Era il primo giugno del 1999: intorno alle 19 Mombelli - che all’epoca viveva a Busto Arsizio - fece irruzione nel negozio di via Romagna con una pistola in pugno. Pretendeva l’incasso della giornata. Il cartolaio prese uno sgabello e glielo tirò addosso. Il malvivente rispose sparando un colpo che raggiunse Pastore al cuore e lo uccise subito.
Dopo oltre un mese di ricerche condotte dalla polizia con la collaborazione dei carabinieri, venne bloccato in provincia di Potenza, a Lagonegro, dove era fuggito insieme alla fidanzata. Già all’epoca aveva precedenti e cinque anni di reclusione nel carcere di Pavia, tanto per cambiare per rapina.
In primo grado per il delitto di via Romagna venne condannato a trent’anni. La corte d’assise d’appello glieli ridusse a diciassette e quattro mesi per un duplice motivo: la scelta di patteggiare (nel frattempo la legge in materia è cambiata svariate volte, tanto che attualmente con l’accusa di omicidio volontario aggravato non è nemmeno più possibile accedere al rito abbreviato) e poi la toccante lettera che Mombelli inviò alla famiglia Pastore, una giovane vedova e tre figli ancora fragili. «Chiedo scusa, mi assumo le mie colpe e voglio cambiare vita». Ma il vizio del reato predatorio non l’ha perso mai.
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