DA PROVARE
Dopo il padel, l’utimate frisbee

Dopo il padel sarà la volta dell’«ultimate frisbee»? Il mondo dello sport sforna sempre qualcosa di curioso e appassionante, proprio come l’«ultimate»: ancora poco conosciuto ma dal sicuro appeal grazie a semplicità, immediatezza e spettacolarità di gioco.
Chiamato anche flying fisc, nasce nel 1968 negli Stati Uniti, quando viene codificato da una scuola del New Jersey, la Columbia High School di Maplewood; ad oggi sono oltre ottanta i paesi che aderiscono alla World Flying Disc Federation (WFDF) che ogni quattro anni organizza i Campionati Mondiali. In Italia, l’«ultimate» sbarca all’inizio degli anni Ottanta e oggi esistono una trentina di società riunite sotto l’egida della FIFD (Federazione Italiana Flying Disc). «Mi auguro che l’ultimate possa davvero ripercorrere le orme del padel - racconta Matteo Bossi, malnatese classe 1998 che per sei anni ha militato nella Frasba dal Lac, una delle più note squadre italiane di flying disc -. Si tratta di uno sport caratterizzato da grandi valori. Non solo quello del fair play in campo ma anche quello legato alla sostenibilità. Ad esempio, è consuetudine diffusa che ai tornei o alle partite ogni membro della squadra porti il proprio piatto, il proprio bicchiere e le proprie posate». La grande peculiarità dell’ultimate è l’assenza dell’arbitro. Il regolamento non lo prevede, dato che basa il gioco sulla sportività e sul rispetto delle regole e dell’avversario: elementi che costituiscono il vero spirito di questo sport. Se viene chiamato un fallo o bloccato il gioco, ci si ferma, rimanendo nella stessa posizione fino a che il problema non viene risolto. «È fondamentale conoscere bene le regole, tanto che per poter partecipare alle gare internazionali ogni atleta deve superare un test scritto - svela Matteo -. Occorrono buone doti di comunicazione sia con i compagni che con gli avversari e alla fine di ogni partita viene assegnato un premio proprio per lo spirito del gioco: le squadre si riuniscono a bordocampo, valutano ciò che è accaduto e decretano la vincitrice».
Per praticare l’«ultimate» (il nome frisbee sparisce quasi sempre dato che si tratta di un marchio registrato dalla Wham-O, azienda di giocattoli che per prima lo ha prodotto) bastano un disco da 175 grammi, due squadre da sette giocatori ciascuna e un campo (solitamente in erba). La partita dura ottanta minuti e vince la squadra che arriva per prima a quindici punti. È punto quando il componente della squadra in attacco riceve un passaggio dentro l’area di meta avversaria, un po’ come nel football. L’«ultimate» è uno sport di squadra aerobico e completo che non prevede il contatto fisico. «Si parte dal presupposto che il frisbee viaggia molto più velocemente di una palla e bisogna quindi correre tantissimo - chiude Bossi -. La preparazione si basa sulla ripetizione di scatti, cambi di direzione ed esercizi che possano sviluppare resistenza, esplosività e velocità. Serve inoltre una grande visione d’insieme dato che il campo è piuttosto grande (100X37 metri, ndr)».
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