PAZIENZA PREZIOSA
Cercatori d’oro, la febbre italiana
Pagliuzze di metallo prezioso si possono trovare nel fiume Ticino, nella zona di Ovada e sul torrente Elvo

Poco ma buono. È l’oro italiano che si trova in alcuni corsi d’acqua del Nordovest: nel fiume Ticino, in alcuni torrenti della Valle d’Aosta, della zona di Ovada e soprattutto sul torrente Elvo che, con la sua Valle dell’oro è senza dubbio il corso d’acqua aurifero più apprezzato dai cercatori d’oro italiani. Non di rado qui si vedono anche stranieri da Francia, Svizzera e Germania, che vengono a cercare proprio quell’oro ricercato da più di duemila anni, a partire dall’epoca romana. D’altronde l’Italia con l’oro ha una grandissima tradizione che tocca anche un’oreficeria di altissima qualità, ma anche le riserve auree del nostro Paese, pari a 2.452 tonnellate, vale a dire il quarto ammontare al mondo, dietro soltanto agli Stati Uniti, alla Germania e al Fondo monetario internazionale.
La tradizione della ricerca nei fiumi del Biellese, invece, è ripartita con vigore a cavallo delle due guerre mondiali, quando le persone del posto cercavano un sistema per arrotondare il lavoro nei campi e andare a caccia dei depositi preziosi lasciati qui, nei secoli, dai fiumi. Oggi c’è un’altra corsa all’oro, stimolata soprattutto dai programmi televisivi e dalle serie tv che raccontano di avventure e fortune costruite dal nulla. Ecco, in tal senso va detto subito che è impossibile diventare ricchi cercando oro in Italia. Le pepite, per esempio, il simbolo della corsa al metallo più prezioso, qui non esistono o quasi. «In tantissimi anni di attività – racconta Arturo Ramella, ex presidente mondiale della Wga, la World gold penning association – ho trovato qualche pepita piccola soltanto in Valle d’Aosta, ma la più grande l’ho scovata in Sudafrica. Di solito, invece, alle nostre latitudini si rinvengono delle pagliuzze». Ma ci vuole pazienza, tantissima pazienza: «Innanzitutto – aggiunge il cercatore – bisogna trovare il posto adatto per cominciare la ricerca». Poi il lavoro non è ancora lontanamente a metà dell’opera. «La realtà è ben diversa dalla fiction, dove sembra che bastino quattro buche per trovare l’oro. Non è così: innanzitutto bisogna imparare il mestiere e poi bisogna armarsi di pazienza perché servono ore, giorni e settimane per ottenere un minimo raccolto». Inoltre bisogna sapere come maneggiare le attrezzature principali e quindi la batea, vale a dire il piatto che molti scambiano col setaccio. Poi c’è la canaletta, uno strumento che si vede anche nei film, dove si butta l’acqua e il materiale pesante tra cui, si spera ci sia l’oro, resta sul fondo.
Alla fine, se si è bravi e fortunati, si può portare a casa qualche grammo. Poco, ma di buona qualità: «Quello italiano – dice ancora Ramella – ha una buona concentrazione di circa il 90% in purezza e caratura, pari a circa i 22 carati». Ma non sempre tutti sono attenti alle regole. Insomma, ancora una volta è proprio vero il detto per cui, non è tutto oro quello che luccica: «I cercatori d’oro possono creare qualche problema, perché spesso sono delle persone improvvisate e rischiano di devastare i fiumi. L’errore più comune e grave, per esempio, è quello di creare dei grandi scavi nei torrenti senza richiuderli, danneggiando il territorio e creando dei pericoli a seguito, per esempio, di una piena. Insomma, cercano l’oro, ma senza un minimo di cura e attenzione al territorio che li ospita». Purtroppo è un film già visto in altre discipline e hobby che diventano di “moda” per qualche anno, a seconda di quanto veicola la televisione e la comunicazione.
© Riproduzione Riservata