IN SELLA
Non si può essere corridore a metà strada
I settant’anni di Moser, il libro e la nuova bici

Il tabellino recita 273 primi posti tra il 1973 e il 1988. Il verdetto è chiaro: dopo Eddy Merckx, è lui il più vincente della storia del ciclismo. Il gigante della bicicletta Francesco Moser festeggia i 70 anni con un doppio regalo. In primo luogo, con il libro Francesco Moser – Un uomo una bicicletta che celebra il suo inimitabile curriculum di sportivo. In secondo, con la presentazione di un nuovo modello di bici ibrida targata FMoser, la casa di produzione con cui si è fatto conoscere anche nel mondo dell’imprenditoria.
Il volume, curato dallo storico cronista Beppe Conti ed edito da Azzurra Publishing, è da poco in libreria. Con uno stile giornalistico coinvolgente, perlustra le tappe fondamentali della carriera di Moser, suddividendola in 10 capitoli per 10 bici diverse. «L’abbiamo dedicato alle bici che ho avuto – racconta il campione trentino –. Quelle delle corse più importanti sono nel museo di casa mia a Maso Villa Marth. Siccome abbiamo fatto una collaborazione con la Fantic per queste bici elettriche da strada marcate Moser, abbiamo ripercorso tutta la storia delle bici che ho usato io. Sul libro sono tutte descritte nei particolari». In questa cronaca dettagliata sono ovviamente incluse le tre Parigi-Roubaix consecutive del 1978-80 e il Giro d’Italia del 1984. Ma anche il record dell’ora a Città del Messico, sempre nel memorabile anno della Maglia Rosa. Un’impresa che cambiò per sempre la storia del ciclismo. Per la prima volta un ciclista affidava la sua preparazione a un’equipe di scienziati, biomeccanici e nutrizionisti, qui a capo del medico sportivo Enrico Arcelli. Le ruote della bici furono create ad hoc dall’aeronautica Logos di Somma Lombardo. Solo uno dei tanti ricordi legati alla provincia di Varese: «I primi allenamenti di forza e resistenza col dottor Arcelli li facevamo alla salita di Cartabbia, partendo dal lago, perché è una salita costante. Ho vinto anche due volte la Tre Valli Varesine. E quando nel ‘71 ho fatto il mio mondiale a Mendrisio eravamo in ritiro al Convitto De Filippi a Varese».
Ma Moser non parla solo al passato. Guarda al futuro, come dimostra la sua innovativa e-bike. «Per chi non ha tempo di allenarsi o per quelli come me che han 70 anni, è meglio usare la bici elettrica perché puoi fare meno fatica. Così puoi andare a fare salite come lo Stelvio, il Gavia, il Bondone. Nei punti in cui è più facile magari spegni la batteria, in altri la riaccendi e via così. La novità è che può essere trasformata in una bici da strada, perché il motore è sulla ruota. Se togli la ruota con la batteria diventa una bici da 7,5 chili a cui mettere una ruota normale».
La sua filosofia resta sempre quella che gli ha garantito i più grandi successi: «Le difficoltà ci sono sempre nella vita. Se uno corre in bici deve cercare di vivere di conseguenza per migliorare le sue prestazioni, perché questo è il suo mestiere. Non puoi fare il corridore a metà strada. Devi dedicare il tempo e le energie necessarie. Anche mentalmente».
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