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Il tamburo-cuore dei Kodo

«Battito del cuore». Ovvero l’unità base del ritmo al suo stato più puro. Ma anche «Bambini dei tamburi»: una comunità figlia e seguace del suono. Percussivo, per la precisione. In giapponese, il nome Kodo mantiene volutamente queste due accezioni. È l’appellativo che si è dato nel 1981 un gruppo di talentuosi suonatori di taiko, il tamburo tradizionale nipponico dalla forma di barile che grazie a loro è stato scoperto anche dal pubblico occidentale.
Martedì 22 alle 20.30 saranno su uno dei palchi più prestigiosi di Milano. Quello del Teatro Dal Verme. Dalla loro prima apparizione alla Philarmonie di Berlino a inizio anni Ottanta, i Kodo hanno subito stupito il pubblico europeo. Nel capoluogo lombardo hanno trovato un porto accogliente proprio al Dal Verme, che gli ha sempre riservato un posto d’onore all’interno della sua storica rassegna dei Pomeriggi Musicali.
L’anno scorso avrebbe avuto luogo un appuntamento speciale: i quarant’anni dalla nascita dell’ensemble, da celebrare con uno spettacolo ad hoc, «Tsuzumi». Causa pandemia, l’atteso concerto è stato però rinviato. Ma solo di un anno: i Kodo sono pronti a presentarcelo, sotto la salda leadership di Yuichiro Funabashi.
Fondati da alcuni dei più sensibili musicisti del Giappone, tra cui Den Tagayasu ed Eitetsu Hayashi, fin dalle origini i Kodo hanno stabilito la propria sede nell’isola di Sado, nel mare a ovest di Niigata. Lì hanno formato nella località di Ogi il Villaggio Kodo, una piccola città-studio allestita interamente per la preparazione delle performance. Le quali non mostrano solo una meticolosità d’esecuzione senza pari, ma sono anche un viaggio alla scoperta di danze e costumi del Sol Levante.
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