TEATRO NAZIONALE
La piccola bottega degli orrori
Giampiero Ingrassia in scena a Milano

Trent’anni dopo la pianta carnivora non è più un pupazzo, ma è interpretata da un uomo in carne e ossa. E Audrey non ha più il caschetto biondo. E Seymour è più attempato. Ma al teatro Nazionale CheBanca di Milano dal 22 al 30 aprile è sempre “La piccola bottega degli orrori”. E il timido commesso del negozio di fiori ha ancora il volto di Giampiero Ingrassia, che con quel personaggio ha segnato, trentatre anni fa, il suo debutto nel musical. «Questo – spiega l’attore – è in effetti un doppio debutto, dopo quello di trentatre anni fa e dopo la pandemia. Avevamo già ripreso due anni fa e rispetto a trent’anni prima è stato stranissimo, bello, emozionante, perché, anche se è un altro allestimento, con un’altra regia, con altri compagni di viaggio, è sempre “la bottega”. Ricalarmi nei panni di Seymour dopo trent’anni era molto strano. Sono cambiati i testi delle canzoni, ma ogni tanto a me venivano fuori parole che erano ricordi di trent’anni prima rimasti indelebili, ma dormienti fino a quel momento».
La storia della piantina che attira clienti in un negozio di fiori che rischia di chiudere e che chiede in cambio di essere nutrita con carne umana in un crescendo di omicidi e risate rappresenta un po’ la lotta tra il bene e il male. E in qualche modo, quella pianta, non si riesce a detestarla del tutto. «Come tutti i personaggi cattivi ha fascino – sottolinea Ingrassia -. Una sorta di Faust di Goethe, la pianta è il male che vuole conquistare il mondo, con ingredienti che sono quelli del fantasy: forse per questo piace sempre, è un evergreen dei musical. E poi, tornando alla pianta, questa volta non è di gommapiuma, ma interpretata da un attore e cantante drag queen bravissimo». È Vekma K, mentre il Fabio Canino è il fioraio Mushnick, Belia Martin è Audrey ed Emiliano Geppetti il suo fidanzato dentista. Diretto da Piero Di Blasio, il musical presenta un allestimento con qualche novità, oltre ai testi delle canzoni e alla pianta che non è più solo un pupazzo. «La nostra Audrey, per esempio, è di colore, non più caucasica con i capelli biondi platino, ma una pantera, sempre devota e succube del suo fidanzato, ma che però sa anche riscattarsi rispetto a quella classica. E poi, oltre alle tre coriste, abbiamo anche quattro persone di ensemble che non ci sono nella versione originale, che servono a movimenti scenici e danno bella botta di colore». E naturalmente c’è questo Seymour che affascina sempre. «È molto più attempato, ma secondo me l’ho reso ancora più interessante – spiega Ingrassia -: un nerd “adulto”, chiamiamolo così, fa molta più tenerezza rispetto a un nerd di 26/27 anni. Fa pensare a un uomo che non ha saputo sviluppare la sua vita, è ancora sotto botta del padrone, ancora innamorato di una donna senza riuscire a dirglielo, ancora una vittima. Anche se, alla fine, sono tutti personaggi senza età». Ma dalle sue parole, si capisce che Giampiero Ingrassia a Seymour vuole bene. «Gli sono molto affezionato, è stato il primo personaggio che ho affrontato iniziando la carriera del musical. Lo amo molto e trent’anni dopo ho cercato di dargli sfumature diverse perché anch’io sono cresciuto, come età e come esperienza come attore. Ho scavato un po’ più a fondo nella psicologia del personaggio per renderlo ancora più credibile e più tenero rispetto a trent’anni prima. E poi il pubblico si identifica molto in lui». Che rappresenta un po’ la purezza dell’amore e anche «tutte le vittime di bullismo, la gente che non riesce a interagire e a reagire contro le cattiverie del mondo».
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