AL TEATRO GABER
Ortensia e Anemone, sorelle gemelle all’opposto
Nancy Brilli e Chiara Noschese portano “Manola” da domani a Milano

Due sorelle opposte tra loro. Anemone, sensuale e irriverente, e Ortensia, rabbiosa e illibata nonostante non sia più una ragazzina. In un gioco scenico con un’interlocutrice invisibile, Manola, che loro invocano perennemente, ma che non è altro che la quarta parete teatrale sfondata dal loro fiume di parole. Sì, perché Manola di Margaret Mazzantini, con la regia di Leo Muscato, in scena al teatro Lirico Giorgio Gaber di Milano dall’11 al 13 marzo, non è azione. Ma parola. Con la grandissima prova d’attrici di Nancy Brilli, che è Anemone, e Chiara Noschese, che è Ortensia (foto di Ornella Foglia). Venticinque anni fa la Mazzantini scrisse quest’opera, che ai tempi aveva la regia di Sergio Castellitto, proprio per Nancy Brilli. «Adesso – sottolinea l’attrice – abbiamo voluto rifarla, io sempre nei panni di Anemone, questa volta con al mio fianco Chiara Noschese. E venticinque anni dopo mi pongo in maniera completamente diversa, ho chiesto a Margaret anche di riscrivere alcune cose: parlavamo di un Novecento che stava finendo e adesso è finito da un pezzo e volevamo che lo spettacolo fosse adatto ai temi e alle urgenze di oggi. Ma anche alle età di oggi: non vogliamo far finta di essere due ragazzine, siamo due signore che vogliono fare questo spettacolo, che vale a tutte le età, e che è una serie di monologhi interrotti. Ogni volta una di noi cerca di smentire l’altra quasi con violenza attraverso l’artificio di questa Manola che esiste solo nella nostra testa. Noi la chiamiamo, chiamando in causa il pubblico con una valanga di parole: è un testo altamente sfidante per due attrici». Anemone e Ortensia, nomi che sono esattamente come i fiori da cui nascono: «l’anemone – prosegue Nancy Brilli - vive al sole, è colorato, l’ortensia è un fiore che non ha fiori ma infiorescenze, vive all’ombra, ha colori sbiaditi: e i personaggi sono abbastanza così, una vitale, l’altra profonda, vagamente dittatoria e iperstudiosa». E fobica. «Il mio personaggio – sottolinea infatti Chiara Noschese, che interpreta Ortensia – è molto estremo, ha varie fobie. Qualcuna anche in comune con me, come quella dell’igiene, che avevo anche prima della pandemia. Ma lei è iperfobica, cosa che io non sono. Non la sento vicina a me e dunque è ancora più “sublime e divino” entrare in lei e prendere una vacanza da me per due ore. Però è un personaggio che poi ha la sua rivalsa». Perché, pur senza anticipare troppo, nel secondo atto c’è un cambiamento totale dei personaggi, «una loro follia personale le fa diventare l’opposto di quello che sono state – conclude Nancy Brilli -. La bellezza dello spettacolo è che dà la possibilità alle attrici di utilizzare tutti i registri recitativi possibili». Toccando temi forti. Anche se, specifica Chiara Noschese, «il problema non è tanto il tema, ma la modalità nell’affrontarlo che è l’unicità della Mazzantini, che ha una maniera di andare a fondo come una lama, è una fenditura, accoltella più che sfiorare il tema: ha questo grande dono, la sua è una scrittura ficcante». Gli argomenti che si affrontano sono tanti: il rapporto con gli uomini, quanto influenzino le coscienze, le difficoltà di due donne a tutto tondo che insieme sono come un’unica figura piena di sfaccettature, debole e forte, dolce e violenta, volitiva e vulnerabile. Dentro le parole. Tante. Forti. Importanti. Ma anche bassissime. Un linguaggio sorprendente, fortissimo da fare e da ricevere. «C’è tanta parola e non è semplice – ammette Chiara Noschese -, si chiede al pubblico lo sforzo di aprire la porta per entrare: poi noi lo portiamo dentro».
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