LA DENUNCIA
Papà solo in videochiamata da sei mesi: dramma a Varese
Il caso di un separato. Il legale: «Vittima della burocrazia»

Da sei anni il contatto con i figli minorenni è affidato a videochiamate e incontri saltuari alla presenza degli assistenti sociali. Da sei mesi neanche gli incontri protetti. È una sofferenza terribile, al di là delle ragioni, quella che sta patendo un papà quarantenne, separatosi dalla moglie nel 2017. Il suo legale, l’avvocato Giancarlo Beraldo, non usa mezzi termini: «Tratto da anni la materia familiare, questo è un caso che può definirsi surreale». Carte alla mano, pardon sentenze, ecco la vicenda che ha origine da un litigio tra coniugi, non solo parole, anche una breve colluttazione. Scattano denunce reciproche (che non avranno poi seguito penale); il marito lascia la casa, l’affidamento dei due figli è dato in via super esclusiva alla mamma.
Fin qui, tutto normale a rigor di provvedimenti in una situazione (coniugale) divenuta anormale. Il papà, dopo la separazione giudiziale che avrà sentenza nel 2021, in modo da allargare gradualmente l’accesso ai figli e la possibilità di avere appunto contatti non sporadici e “sorvegliati”, accetta di sottoporsi ad un percorso di psicoterapia e persino al monitoraggio del Cps (centro disturbi psichici) che ha sempre riconosciuto l’assenza di patologie. Queste le valutazioni del suo avvocato: «Un imprenditore che non ha mai avuto altri problemi, paga con regolarità il mantenimento e le spese, così come il mutuo della casa di sua proprietà» in cui vivono l’ex moglie e i figli. «E ha sempre dato la massima disponibilità - aggiunge il legale - a vedere i minori quando viene deciso».
Ma - sempre secondo le valutazioni dell’avvocato varesino - la situazione iniziale non è mai cambiata, anzi si è aggravata. «È un papà totalmente escluso dalla crescita dei suoi figli, così come esclusi dalla vita dei bambini sono i nonni paterni. È morto il nonno e i nipoti non sono andati al funerale e la nonna paterna non ha la possibilità di vederli da anni». Da qui la convinzione: «Lui vuole esercitare il suo diritto alla genitorialità: non può fare il padre con le call al telefono, non si può costruire così un rapporto». Altri episodi come quello iniziale - conflitto, collutazione - non se ne sarebbero mai più verificati, né situazioni di stalking o qualsiasi altra che a detta del legale avrebbero potuto giustificare in questi anni una frenata all’ampliamento e alla liberalizzazione dei contatti coi figli ancora minori.
Istanze? L’avvocato Beraldo: «Ne ho fatte». Senza l’esito sperato. Ma c’è di più: il programma che i Servizi sociali del Comune del Varesotto interessato devono predisporre per permettere questi contatti, pare essere una questione lunga. Dopo alcuni mesi ancora non c’è. E questo, ma non solo, ha determinato l’ultimo capitolo: i sei mesi di distacco totale, salvo videochiamate. «È auspicabile che i Servizi sociali delegati prendano a cuore la vicenda o meglio si attivino celermente perché i principali danneggiati sono i minori», auspica l’avvocato del quarantenne. Che conclude così. «Al di là degli aspetti giuridici che certamente hanno la loro rilevanza, vi è una lesione di una legge che è innanzitutto quella naturale e che vede il diritto dei figli ad avere rapporti col proprio padre. Stiamo parlando di una persona sensibile, ben inserita nella società e con un nuovo nucleo famigliare, che adempie ad ogni suo dovere e obbligo. E che soffre, ritenendo un’ingiustizia la situazione che sta vivendo da anni».
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