IL PERSONAGGIO
Pappalardo, ricordi e saluti da Besano.
Il protagonista di tante bizzarrie a Varese, vive in una casa di riposo. Un gruppo d'amici è andato a trovarlo

Per decenni è stato, a modo suo, un protagonista della cronaca cittadina. E in molti, non vedendolo più girare per le vie del centro ormai da tempo, si sono ripetuti la stessa domanda: ma che fine ha fatto Pappalardo? Un interrogativo a cui ha risposto un gruppo di varesini che non hanno dimenticato «le stravaganti imprese che l’estroso e simpatico personaggio compiva, tra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Novanta, occupando frequentemente le pagine dei giornali».
Gli amici sono l’ex sindaco Angelo Monti, il presidente dell’Actl Vincenzo Bifulco, poi Gianfranco Gerosa e Nando Spandri.
Il gruppetto, avuta conferma che Gaspare Pappalardo è ancora ospite in una casa di riposo, è partito alla volta di Besano. Alla reception dell’istituto i quattro hanno avuto la conferma che Pappalardo, classe 1924, gode di ottima salute e hanno potuto incontrarlo e scambiare due chiacchiere con lui.
«Seduti in un fresco patio – raccontano – ci siamo intrattenuti cordialmente ricordando le imprese di cui fu protagonista». Tra gli aneddoti snocciolati da Pappalardo, c’è quella volta in cui in piazzale Trieste, di fronte alla stazione delle Ferrovie dello Stato, adocchiò un autobus senza l’autista: salito a bordo e viste le chiavi nel cruscotto, lo avviò per poi scendere da viale Milano fino alle Nord, inseguito a piedi dall’autista e dai vigili urbani che gli gridavano di fermarsi.
«Fui accompagnato in Questura e mi scusai dicendo che era stato l’effetto di qualche bicchiere di vino» ha raccontato agli amici varesini, aggiungendo che aveva imparato a guidare gli autobus «durante il servizio militare».
Numerose sono le vicende scolpite nella memoria collettiva dei varesini, come ad esempio quando Pappalardo si metteva a un incrocio a dirigere il traffico, oppure quando prendeva un treno e andava a Milano, Novara e Rho: «Tutti i controllori mi conoscevano e anche se ero senza biglietto, si limitavano a raccomandarmi di stare tranquillo». E adesso, che ormai è un “nonnetto”, ripensa «con riconoscente gratitudine» anche al carcere dei Miogni, dove di tanto in tanto finiva dopo qualcuna delle sue avventure, e dove «ero ben trattato, mangiavo, dormivo ed ero al riparo». Tra aneddoti e risate, la visita s’è conclusa con «un saluto cordiale e un augurio ai concittadini di Varese che gli hanno sempre voluto bene».
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