IL MEDICO
Perlasca lascia il Pronto soccorso»
Il dirigente del Pronto soccorso va in pensione. I suoi ultimi vent’anni passati nella “trincea” sanitaria varesina

In trincea all’ospedale di Circolo. In prima linea al Pronto soccorso, che dirige dall’1 marzo del ’99.Francesco Perlasca, 64 anni, a fine mese andrà in pensione, dopo aver diretto il Ps del Circolo e il Dipartimento di emergenza e urgenza ad alta specialità. «Una grande esperienza dal punto di vista umano e professionale», dice.
«E come tale non è possibile sintetizzarla».
Con Perlasca, il Pronto soccorso si è trasformato, i pazienti sono cambiati. Gli ambulatori hanno trovato una nuova sede. Un trasloco che ha coinciso anche con il coronamento del cambio di prospettiva nel prendersi cura dei malati.
«Ora si fa la diagnosi in Ps e si affronta la prima cura. Poi o si va in reparto o si viene dimessi, vi è una attività clinica che coinvolge più specialisti». I pazienti, i cittadini, sono sempre più esigenti e “competenti”, o almeno pensano di esserlo. E sono sempre più anziani: un tempo al Pronto soccorso si andava per le ferite da incidente stradale o per essersi tagliato un dito in cucina, certo anche per i malori, ma il concetto d’urgenza era più radicato anche tra i cittadini.
«Oggi abbiamo pazienti anziani, polipatologici, con una gravità indubbia ma determinata da malattie croniche e collegate all’età», dice Perlasca (in questi giorni di ferie di Perlasca il vicario è Saverio Chiaravalle, direttore del Ps di Tradate, già conosciuto a Varese dove ha lavorato in passato).
Continua Perlasca: «Abbiamo un 2-3% di malati in codice rosso, un 10-15% con piccoli traumi e ben il 70% di utenti che potrebbero fare a meno del Ps».
Medici qualificati nell’urgenza e infermieri specializzati: da tutta Italia arrivano colleghi a formarsi al Ps di Varese, dove è stato introdotto un triage (cioè un sistema di accoglienza dei pazienti) all’avanguardia e con personale formato con corsi continui che vengono proposti anche ad altri ospedali. Perlasca, che ha lavorato a livello nazionale alla stesura delle linee guida dell’Obi, l’Osservazione breve e intensiva e del triage, si è laureato in Medicina a Milano, con abilitazione nel ‘78 e ha conseguito tre diplomi di specialità in chirurgia dell’apparato digerenti ed endoscopia digestiva, in chirurgia d’urgenza e pronto soccorso e in igiene e medicina preventiva (in passato è stato responsabile sanitario degli ospedali di Luino, Cittiglio, Del Ponte, Cuasso e del Neuropsichiatrico (di cui ha seguito nel ‘99 la chiusura), presìdi che facevano capo all’Ussl 1 e prima ancora è stato direttore sanitario vicario di presidio a Cittiglio.
Il primario ha quindi portato avanti la trasformazione del Ps di Ermanno Montoli, “fondatore” tra i primi in Italia del moderno reparto d’urgenza.
«Oggi interveniamo sulle patologie tempo-dipendenti, come l’ictus e accogliamo i politrauma. Il Dipartimento di emergenza e urgenza permette di attivare e coordinare tutti gli specialisti di cui il malato ha bisogno in un’ottica di visione globale sul paziente».
Venti i medici di Ps in servizio (ne mancano 4 rispetto alle esigenze), 48 gli infermieri, (l’ottimo sarebbe 62) e 35 su 54 gli operatori sociosanitari. Da centosettanta a duecento i pazienti visitati ogni giorno.
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