IN TRIBUNALE
Perseguitata dal suo ex, ma il braccialetto non funziona
Il cinquantenne continua ad appostarsi sotto casa della donna. Già condannato a otto mesi, affronterà altri due processi. Polemica sul dispositivo elettronico

A giugno gli hanno applicato il braccialetto elettronico - che dovrebbe suonare non appena chi lo indossa superi il perimetro di azione stabilito dal giudice - ma un giorno sì e l’altro pure il cinquantenne si piazza sotto casa della ex e fissa la finestra. Appena la quarantenne si accorge chiama i carabinieri, peccato che lui nel frattempo sia già altrove. Il dispositivo di monitoraggio a distanza non funziona. E non in senso lato: probabilmente è difettoso o forse il cinquantenne stesso è riuscito a manometterlo.
TRE PROCESSI
Le forze dell’ordine lo sanno, hanno pure fatto le prove ma a quanto pare non ce ne sono altri con cui sostituirlo. Così settimana scorsa la ex ha presentato l’ennesima denuncia per stalking. Ha i video e le foto degli appostamenti e li ha mostrati agli investigatori. Ieri la donna - che è assistita dall’avvocato Elisa Colombo - si è costituita parte civile nel primo dei tre processi che il cinquantenne dovrà affrontare da qui a gennaio. Il giudice per l’udienza preliminare, Stefano Colombo, lo ha condannato a otto mesi di reclusione con una provvisionale immediatamente esecutiva di 4mila euro per gli episodi risalenti al 2020. A novembre l’uomo - che è difeso dall’avvocato Milena Ruffini - tornerà davanti al giudice per i fatti accaduti nel 2021. L’udienza del 2025 tratterà quelli più recenti, commessi dal 2022 al 2023. Poi la procura gli presenterà il conto degli atti persecutori degli ultimi tre mesi, condotte che il bracciale elettronico avrebbe dovuto scongiurare. La storia della coppia è piuttosto intricata, il difensore dell’imputato ha evidenziato il disturbo da dipendenza affettiva di cui soffre la donna, che l’avrebbe indotta a ricascare spesso in quel rapporto malsano.
ALCOL E CANDEGGINA ADDOSSO ALLA COMPAGNA
La relazione era iniziata nel 2015 e fin da subito l’uomo (già padre di una ragazzina nata nel 2007) rifiutò il primo figlio della compagna, confinato a casa dei nonni per oltre un anno, fino a quando cioè la quarantenne decise di ricongiungersi al minore tagliando i ponti con il fidanzato. Ma quello fu solo il primo capitolo di una storia fatta di tira e molla, dalla quale è nato un figlio che oggi ha sette anni. Aveva appena quindici giorni quando l’imputato, nel corso di una violenta lite in cui morse la guancia della ex, lo prese per un piede facendolo penzolare a testa in giù, dicendo alla donna «se non te ne vai lo mollo». Fu la primogenita del cinquantenne a farlo rinsavire con pianti di disperazione. Tutto peggiorò durante la pandemia. Ad aprile del 2021 l’imputato prese il Covid: la donna era obbligata a vegliarlo giorno e notte ma a lui non bastava. Così, sentendosi trascurato, un giorno strappò il bimbo dalle braccia della madre e si rinchiuse con lui in camera da letto: il piccolo iniziò a piangere disperatamente al punto che qualcuno chiamò i carabinieri. Una volta andati sembrava fosse tornata la calma, ma dopo poco cominciò a spruzzare l’alcol addosso alla compagna delirando frasi come «ti devo disinfettare». Esaurito l’alcol passò alla candeggina. La quarantenne venne collocata in comunità, che dovette però lasciare quando l’ex scoprì la collocazione. Anche gli operatori temevano le sue incursioni. Oggi la donna è uscita dalla sindrome da dipendenza affettiva, quello che invece ci è dentro fino al collo è lui.
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