IL VECCHIO CINEMA
«Salvate la storia dell’ex Oscar»
Petizione per tutelare la «striscia artistica» che sovrasta la struttura

Molti pensano a un mosaico, ma c’è chi assicura basti un poco di attenzione per riconoscere un affresco. È un particolare che la dice lunga su quanto diffusa e superficiale sia la conoscenza di un’opera solare e distesa in bella mostra su Corso Europa. In fondo, neppure è tanto importante la tecnica utilizzata sulla facciata del vecchio Cinema Oscar, perché chiunque concorderà che è un capolavoro.
Perciò, il docente Paolo Castelli ha lanciato un appello alla mobilitazione, sulle ali dell’entusiasmo suscitato in un cinefilo come lui dai giorni del Baff:
«Ci vedo l’evoluzione del genere storico nell’immaginario cinematografico. Quando le ruspe abbatteranno l’edificio sarebbe bello salvarlo. Presto una petizione», scrive consegnandosi a un coro d’approvazione.
Molti bustocchi, anche giovani, hanno ricordi legati alle proiezioni dell’Oscar. Qualcuno ha storie anche più singolari da riferire. Dopo avere riscoperto nell’attrice Mariella Liotti una gloria cittadina del cinema degli Anni ‘40, Paolo Umberto Ferrario rivela aneddoti sulle origini di una sala sorta su «un campo libero dove i ragazzi della zona andavano a giocare a pallone e dove a volte sostava qualche circo equestre»: un genere di spettacoli che un’insospettabile coerenza riproduce proprio sull’affresco meritevole di attenzione e tutela.
Leggenda lo vuole opera di Silvio Gambini che dopo la sua stagione aurea continuò ad operare disseminando ceramiche nelle case patrizie dei bustocchi fino agli Anni ‘70.
Invece, ai margini dell’opera, aguzzando la vista è possibile leggere i nomi dei veri autori: «A. Figini O. Quattrini».
Uno dei due è Oreste Quattrini artista varesino emergente in quegli anni, al quale è stata dedicata nel 2010 una retrospettiva al Castello di Magnago. In quanto all’edificio, seguendo le carte notarili è possibile risalire alla data di edificazione: avvenne precisamente tra il 1954 e il 1955.
Prima proprietà della famiglia Castelli, solo omonima di Paolo e proprietaria anche di un altro altrettanto omonimo che si trovava all’interno della corte dei Boragno, da non confondersi invece con il Cinema Patria, sorto precedentemente nelle vicinanze, l’Oscar passò poi di mano a Cesarino Dell’Asta. Delle due differenti gestioni Ferrario ricorda in particolare due figure: la signora Castelli che stava in biglietteria e Filippo Martinello, factotum del Cesarino, rimasto anche dopo che il cinema chiuse i battenti e fino all’ultima cessione della proprietà.
Succedeva a metà degli anni ‘90 e da allora tante voci, più o meno fondate, sono corse diffondendo allarme e risvegliando quelle emozioni di cui pareti dell’ex Cinema Oscar sono ancora fresche.
Anche Giuseppe Pacciarotti, storico dell’arte, plaude all’idea di salvaguardarlo: «Per evitare che un domani si presentino scempi per cosa fatta in virtù di qualche accordo precedente, meglio muoversi per tempo».
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