IL CASO
Piace la Varese di Virzì
Code ai botteghini per "Il capitale umano", il discusso lavoro del regista livornese con la Città giardino protagonista. Giudizi positivi
Bene o male, l’importante è che se ne parli. È passato un secolo da quando Oscar Wilde ha pronunciato questa frase, un tempo che sembra niente se animato dai fiumi di parole che hanno fatto il vero marketing dell’ultimo, discusso, lavoro di Paolo Virzì. Già perché "Il Capitale Umano", a pochi giorni dalla presentazione, è stato recensito via via come film razzista, che tratteggia un’Italia imperfetta e virtù, ma soprattutto vizi, di una certa Brianza che si confonde e sovrappone con i portici di corso Matteotti, gli scorci della ex caserma Garibaldi, le ville e i verdi colli varesini dove è stato girato. "Siamo venuti a vedere il film dopo avere sentito la presentazione che ne ha fatto il regista alla trasmissione di Fabio Fazio – spiegano Roberto e Luisella Maraboli - e crediamo che sia un tratteggio veritiero di una generazione che ha fatto perdere il futuro ai propri figli".
E qui sta il cuore della pellicola. Nord o sud poco importa, perché a chi entra in sala semplicemente per guardare, con occhi non velati dal pregiudizio, il messaggio è chiaro, e sta nella battuta portante del film: "Avete scommesso sulla rovina di questo Paese, e avete vinto". Un senso, questo, che gli spettatori hanno inteso pienamente: "Al di là dei richiami al territorio – commenta Ezio Aletti, affiancato dalla moglie Lorella Bottegà - è una storia umana sapientemente raccontata, uno specchio dei nostri tempi più che dei luoghi dove è girato".
Divisa in capitoli e con una sottile trama noir, la pellicola racconta di un sistema divorato dai suoi stessi protagonisti, che sono ricchi o poveri perché non c’è più la middle class, senza però erigere paletti che ne impediscano il riscatto, capitalisti o sbandati che siano. "E' un film girato molto sapientemente - aggiunge Ita Azzariti -, uno spaccato veritiero della vita di provincia e Varese si presta benissimo a questo fine". L’assessore comunale all’Ambiente, Stefano Clerici, ha deciso di esprimere il suo giudizio postandolo su un social network: "Ho potuto constatare di persona che il film è veramente ben riuscito: intenso, ben costruito, ripreso da tre prospettive diverse in una Varese bella ed elegante, ha colto fedelmente non i difetti della "gente del nord", ma le ipocrisie, le contraddizioni, l’individualismo esasperato della società borghese di una qualunque latitudine".
Che Virzì abbia tratteggiato un assessore leghista in maniera caricaturale è innegabile, dato che l’idea di affidare al coro di Voci padane della Valcuvia le sorti di un possibile rilancio di un teatro fatiscente fa sorridere il pubblico in sala. Ma proprio qui sta il punto: "Fatevi una risata – consiglia Clerici, che ebbe a suo tempo uno screzio con il regista per la battuta sulla Città Giardino "senza un filo d’erba" -, altrimenti qualcuno darà ragione a Virzì e dirà che noi varesini siamo effettivamente un po’ troppo antipatici". E i varesini rispondono, acquistando 660 biglietti nella giornata di sabato, e più o meno lo stesso numero domenica 12. Tra gli spettatori anche Antonio Antonellis, preside della Scuola Vidoletti di Varese: "E' una realtà che esiste, specie adesso che c’è crisi, è un monito a non impegnarsi in imprese che non sono chiare pur di stare nella cerchia di chi conta". Perché non siano gli adulti irresponsabili, immaturi, arrivisti, a rubare i sogni dei loro figli.
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