IN TRIBUNALE
Picchiò i controllori, immigrato a processo
Reazione violenta per non mostrare il biglietto sul bus. «Ci ha gridato “razzisti”. Poi calci, spintoni e minacce»
In quattro non sono riusciti a bloccarlo subito. Anzi, ne è nata una colluttazione nella quale i pubblici ufficiali hanno avuto la peggio. «Quell’uomo era un “armadio” e quando gli abbiamo chiesto il biglietto è andato su tutte le furie, dandoci dei “razzisti”», raccontava ieri, lunedì 25 ottobre, fuori dall’aula del Tribunale uno dei controllori di Autolinee Varesine che, poco prima di Natale di quattro anni fa, finirono al Pronto soccorso per colpa dell’immigrato senegalese che - a colpi di spintoni e calci, anche nelle parti intime, oltre che di minacce di morte - cercava di sfuggire alle verifiche. Dalle quali, peraltro, emerse poi che il passeggero era abbonato. Quindi, non aveva nulla da nascondere. L’ennesima aggressione sui bus cittadini.
Un dettaglio che rende ancora più incomprensibile la reazione violenta per la quale il quarantaseienne originario del Senegal, ma residente a Bollate (in provincia di Milano), è ora sotto processo a Varese con le accuse di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali.
Era il 15 dicembre del 2017 e i controllori dell’azienda di trasporto pubblico salirono su un pullman della linea E, quella che va da Avigno a Bizzozero. Chiesero a tutte le persone a bordo di mostrare il biglietto o l’abbonamento. Ma quando si avvicinarono all’extracomunitario, improvvisamente lui diede in escandescenze, forse perché convinto di essere stato preso di mira solo per il colore della sua pelle. Per guadagnare l’uscita non esitò a spintonare gli addetti di Autolinee Varesine.
Poi, una volta sceso dal bus, in piazza XX Settembre, prese per il bavero un operatore e lo strattonò. Strappandogli una catenina che aveva al collo e rompendogli gli occhiali. Per riuscire a bloccarlo, i controllori dovettero sudare sette camicie. Incassando anche diversi colpi proibiti.
L’immigrato - secondo l’accusa - sferrò numerosi calci, sia alle gambe, sia al basso ventre degli ispettori. Non mancarono, durante la zuffa, persino minacce di morte o di altre conseguenze per gli uomini in divisa: «Vi faccio perdere il lavoro!».
Una volta tornata la calma, grazie anche all’arrivo delle forze dell’ordine, tre dei quattro controllori (tutti costituitisi parte civile con l’avvocato Alberto Caleffi) si presentarono all’ospedale di Circolo per farsi medicare e furono poi dimessi con prognosi da tre a otto giorni. Le dichiarazioni da loro rese alla polizia giudiziaria sono state prodotte dal pm Davide Toscani e acquisite dal giudice Marcello Buffa; non dovranno quindi essere ascoltati in aula.
L’imputato, difeso dall’avvocato Giovanna Rovera, potrà invece raccontare la propria versione dei fatti al giudice Marcello Buffa nella prossima udienza. Ma bisognerà aspettare quasi un anno: il processo si concluderà infatti il 3 ottobre 2022.
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