IL CASO
Presi i piromani del circolo di Capolago
Caso risolto tre anni dopo. Nessuna pista politica (si erano ipotizzate le matrici nazifascista o antileghiste), ma solo vicende di spaccio all'origine dell'incendio
Dopo l’attentato, il 25 aprile 2011, si era ipotizzata una pista nazifascista, vista la data e visto che il bersaglio era un circolo cooperativo, ma anche l’azione antileghista, visto che quei locali in via Fe’, a Capolago, erano stati la "culla" del movimento di Umberto Bossi. E per questo l’indagine era stata affidata alla Digos. Ma tre anni dopo il fatto la verità sull’accaduto è per gli inquirenti completamente diversa. La politica non c’entra nulla, è la conclusione dell’inchiesta coordinata inizialmente dal pm Tiziano Masini e chiusa in questi giorni dalla collega Annalisa Palomba. Dietro l’incendio doloso al circolo di Capolago ci sarebbe una storia di droga, una storia di spacciatori che cercano di ingrandire la loro attività "lavorando" all’interno del Circolo, e che diventano prima minacciosi e poi incendiari di fronte al «no» del titolare dell’epoca.
Indagine chiusa, dunque, per una vicenda che nella primavera di tre anni fa aveva destato grande impressione. Il pm Palomba contesta a due giovani, di 20 e 25 anni, residenti a Varese, di aver commesso i reati di tentata estorsione e appunto incendio doloso. I due, che sarebbero stati trovati in possesso, grazie a una perquisizione, non di droga ma comunque di tutto il "kit" del perfetto spacciatore, avrebbero voluto vendere cocaina facendo base nei locali del circolo di via Fe’, ma la cosa non sarebbe piaciuta al gestore. Di qui contrasti via via più pesanti, con una minaccia finale: "O ci lasci fare o il circolo lo bruciamo". Cosa che avvenne, solo parzialmente, in seguito, dato che l’incendio, grazie a una tapparella di metallo, non si propagò all’interno della struttura e fece danni solo all’esterno.
Ma come è arrivata la Digos ai due ventenni? I poliziotti, stabilito da subito che il rogo era stato doloso, hanno raccolto diverse testimonianze. E poi hanno esaminato le tre bombolette da campeggio inizialmente piene di butano che quella notte erano state usate come "bombe", una volta piazzate davanti all’ingresso cosparso di benzina. Si è risaliti prima all'azienda produttrice, poi all'autogrill di Castronno e da qui, grazie alle telecamere interne, ai due ventenni ripresi al momento dell'acquisto.
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