L’INCHIESTA
Quei prestiti tra “amici”
Molina: l’ex presidente Campiotti, Airoldi di Rete 55, Galli e Vimercati indagati per peculato nel filone principale

Prima il ramo e poi l’albero. A poco a poco, e in ordine inverso, diventa più chiaro il lavoro che la Guardia di Finanza, con il coordinamento del sostituto procuratore Laura Patelli, sta facendo intorno al caso Molina.
E così, dopo la notizia delle perquisizioni di lunedì 19 giugno e delle iscrizioni nel registro degli indagati di nove soggetti, tra i quali Luca Galli, presidente della Fondazione Comunitaria del Varesotto (per lui si profila la proposta di espulsione dalla Lega, la seconda in 13 anni, come conferma alla Prealpina il segretario provinciale del Carroccio, Matteo Bianchi), e G. E., ex vicesindaco di Varese, un tempo forzista e oggi esponente della Lega Civica (nonché membro delegato della Commissione urbanistica su indicazione del presidente del Consiglio comunale, Stefano Malerba), per una vicenda che viene alla luce grazie all’inchiesta sulla Fondazione di viale Borri ma non ha nulla a che fare con essa (il ramo), ecco altri indagati ed ecco l’albero.
E cioè il filone principale dell’inchiesta, quello che si occupa dell’ormai famoso doppio investimento finanziario del Molina, e in particolare di un “prestito” a una società collegata a Rete 55 e vicina anch’essa alla Lega Civica.
Indagati in quest’ambito, e dall’inizio dell’anno, sono dunque l’ex presidente della Fondazione Molina, Christian Campiotti, anche lui della Lega Civica, l’editore di Rete 55, Lorenzo Airoldi, di nuovo Luca Galli e il bergamasco Carlo Vimercati, gli ultimi due in relazione all’investimento a favore della società Mata Spa. Per tutti le accuse sono di peculato e concorso in peculato. Ed è evidente l’ipotesi della Procura, che considera Campiotti pubblico ufficiale e gli imputa, per ora come ipotesi investigativa, di aver “distratto” denaro del Molina a profitto altrui e in particolare di compagni di partito.
Tornando ai “prestiti”, era stato lo stesso Campiotti, che ritiene di non aver commesso irregolarità o reati, a spiegare di che cosa si trattasse nel corso di una conferenza stampa, e cioè di un investimento obbligazionario con premio di investimento (quello a Rete 55 Evolution Spa per 450.000 euro) e di un investimento obbligazionario ipotecario (a Mata Spa per 500.000 euro).
Normali strumenti finanziari o “maschere” usate per giustificare una vera e propria pioggia di soldi sugli amici?
Per vederci chiaro la Procura ha effettuato varie perquisizioni nello scorso mese di febbraio - e questo si sapeva - e poi, un mese fa, ha restituito computer e cellulari a Campiotti e ad Airoldi - spiega il loro difensore, l’avvocato Pietro Romano - chiedendo e ottenendo, più o meno negli stessi giorni, una proroga di altri sei mesi per le indagini (proroga che non è stata chiesta invece per due dipendenti del Molina, anche loro perquisite e indagate in una prima fase).
«Campiotti e Airoldi hanno piena fiducia nell’operato della magistratura - spiega ancora l’avvocato Romano - e da tempo hanno presentato un’istanza per essere sentiti dalla Procura e per chiarire tutto. Non abbiamo mai chiesto il dissequestro di pc e computer e dato che non abbiamo nulla da temere il nostro atteggiamento è stato ed è assolutamente collaborativo».
Mentre per quanto riguarda il merito delle accuse l’avvocato non dice nulla, ma è chiaro che la partita si giocherà sullo “status” di Campiotti al Molina, prima che l’Ats commissariasse la casa di riposo: pubblico ufficiale, in quanto nominato dal sindaco e gestore di soldi anche pubblici, o (tesi difensiva) presidente di un ente di diritto privato e come tale ben diverso da un pubblico ufficiale?
Ora l’inchiesta dovrebbe contare dunque un totale di quattordici indagati.
Nella “costola” di cui si è saputo martedì 20 giugno, coinvolti, oltre a Galli ed E., sette imprenditori tra Varese e Milano.
Le accuse variano dall’associazione per delinquere, a riciclaggio, dalla truffa al peculato e all’abuso in intermediazione finanziaria.
A breve il legale di E., l’avvocato Fabio Margarini, chiederà il dissequestro dei documenti di lavoro portati via al suo cliente, dopo che la Gdf li avrà fotocopiati.
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