RALLY DEI LAGHI
L'altra faccia della corsa
Due testimonianze straordinarie: Clarissa Chiacchella, navigatrice con la sclerosi multipla e Linda Avoltini, "donnaventura"

L’altro lato del rally, quello di cui si sa meno, quello che magari non si conosce ma che è ugualmente, se non più, importante. Donne prima che piloti perché al volante di ogni bolide, si celano storie che, guardando e ascoltando sfrecciare quei bolidi, difficilmente si potrebbero immaginare.
E proprio in uno dei due sedili contenuti all’interno di un’auto, si cela una storia di speranza, di forza e anche di amore. Si parla di Clarissa Chiacchella, comasca, che a bordo di una Renault Clio S1600 sfreccerà assieme al compagno varesino Massimo Fusetti lungo le strade del Nord del Varesotto.
Sulla loro Renault, tra i tanti loghi che come da consuetudine contornano macchine e moto che partecipano a eventi sportivi, ce ne sarà uno in particolare, quello dell’AISM, l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla, una malattia che tutti conosciamo ma di cui effettivamente si conosce poco.
La ricerca scientifica sta facendo tanto, tantissimo per cercare di decifrare, come sempre, quel che accade all’interno del nostro corpo per poterlo curare e aiutare.
Clarissa è affetta da questa malattia ma, come per ogni tratto umano, non è la singola caratteristica a denotarci bensì l’insieme di quello che siamo; un malato non è un malato ma una persona come tutte le altre anzi, una persona che nonostante le difficoltà si impegna e lotta per fare in modo che la malattia non diventi un limite insormontabile.
«Credevo di finire in carrozzina - racconta - ma ora sono fiera di parlare e di aiutare le persone che mi chiedono aiuto. Il Rally mi ha dato la forza di andare avanti».
La testimonianza di Clarissa infonde coraggio, a chiunque, è un ispirazione per ogni essere umano che, proprio essendo umano, è soggetto a sofferenza. Sarà in macchina col suo compagno, avrà un compito che visto superficialmente da fuori sembra banale ma che in realtà è di fondamentale importanza, è quel ruolo che sta su quella linea sottile che separa la vita dalla morte: la navigatrice.
Un’indicazione sbagliata e si finisce in un dirupo, in un fossato o peggio ancora contro un muro. Bisogna farlo con i giusti tempi, con una ferrea e inamovibile concentrazione mentre si sfreccia a centinaia di chilometri orari ancorati a terra da una striscia sottile di gomma che si sgretola metro dopo metro.
E poi, nell’era del me too, quando si pensava che la parità di genere fosse pienamente raggiunta, bisogna anche educare tutti quelli che ancora credono che tra un uomo e una donna ci sia una differenza intrinseca che destina un sesso a determinate mansioni piuttosto che ad altre.
Bisogna essere doppiamente esempio in un mondo che troppo spesso ricade in errori che ha già commesso e dai quali dimostra di non aver imparato e allora, repetita iuvant, dicevano i Latini.
Ad assistere e a raccontare la corsa dei laghi, tra le tante, un’altra donna, una ragazza che in 3 mesi ha percorso più di 40mila chilometri a bordo di un jeep in Sud America, attraversando le Ande, il Cile, il Brasile e il Perù. La sua auto si spinse fino a Machu Picchu, un’antica città Inca a 2400 metri d’altezza rimasta sconosciuta e dimenticata dal mondo fino al 1911, quando venne “riscoperta”. Il suo nome?
Linda Avoltini, lavenese, da sempre appassionata di motori e fiera guidatrice di una Harley Davidson da oltre 1600 centimetri cubici di cilindrata è invece una nota protagonista di Donnaventura, trasmissione dedicata alle imprese temerarie di donne che s'inoltrano nei luoghi più remoti del Pianeta.
«Mio padre - sorride Linda - non voleva nemmeno comprarmi lo scooter quando ero un’adolescente, oggi Donnavventura ha portato sotto gli occhi di tutti il mio viaggio. Ho attraversato continenti su quattro e due ruote, affrontando i rischi dell’avventura ma anche scoprendo tratti d’umanità eccezionali, come sulle Ande».
Essere donna una difficoltà o un talento?
«Entrambe le cose ma - rispondono all’unisono Clarissa e Linda - quando si testimonia la propria passione e lo si fa sino in fondo, essere donna può essere un vantaggio. Di certo abbiamo la possibilità di confrontarci con gli uomini anche sull’agonismo, senza mai avere paura di provarci, perché questo è l’unico modo per cominciare un’impresa. E per coronarla con la vittoria».
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