DOPO L’EMERGENZA
Riecco i clienti svizzeri
Primo bilancio: migliori incassi per alimentari e ristoranti
Tutti hanno sofferto, ma quasi nessuno ha deciso di chiudere l’attività. Qualcuno, purtroppo, ha abbassato la saracinesca, soprattutto nel settore dell’abbigliamento.
Ma il dato più incoraggiante è che sul lungolago, sul ponte della dogana, fra le vie dello shopping e i supermercati, si è tornato a parlare dialetto ticinese e svizzero tedesco. E, assieme a queste lingue, sono tornati i franchi ma, presto, stando ai riscontri degli albergatori della zona, arriveranno anche i tedeschi. Dopo i mesi più duri della chiusura da pandemia, una delle capitali del commercio varesino come Lavena Ponte Tresa, dopo aver risollevato le saracinesche, sta alzando anche la testa.
Negozi di alimentari, bar, gelaterie, ristoranti, parrucchieri hanno ricominciato a fatturare. Sono tornati gli svizzeri e, con essi, il giro d’affari. Lo afferma Stefano Meloro, vicedirettore di Ascom Luino, che ha seguito passo dopo passo la sofferenza dei tre mesi di chiusura.
La riapertura era un’incognita: gli svizzeri sarebbero tornati? A quanto pare sì: basti vedere le auto parcheggiate il sabato nei pressi degli esercizi della grande distribuzione, dove fioccano le “TI”, vale a dire la targa che indica la provenienza dal Canton Ticino: «Il commercio ticinese aveva una grandissima occasione. Nei tre mesi di chiusura, quando i loro residenti erano obbligati a comprare in Svizzera perché era vietato espatriare, potevano fidelizzare i clienti - spiega Meloro - con delle promozioni particolari. Invece, stando ai nostri riscontri hanno aumentato i prezzi di circa il 20%, soprattutto nel comparto degli alimentari».
Sul breve periodo ci hanno guadagnato ma, adesso, tutto è tornato come prima: «Quando sono state riaperte le frontiere, anche se in Canton Ticino la qualità dei prodotti è molto alta, i clienti sono tornati da noi. La grande distribuzione elvetica ha abbassato i prezzi al confine con Francia, Germania e Austria. Da noi non ci provano neanche». Risultato: «Appena è stato riaperto c’è stato un assalto nei cari, vecchi negozi italiani». «Qui - aggiunge Alessandro Mina, della gastronomia a ridosso del confine - il 90% dei clienti è svizzero. Dopo tre mesi senza acquistare nulla, sono tornati in massa, riconoscendo il valore dei prodotti di Lavena Ponte Tresa. In particolare, da me, si sono avventati sugli affettati ma, in generale, riconoscono il valore fra qualità e prezzo del Made in Italy alimentare».
Qualcuno, insomma, sta recuperando il terreno perso, altri stanno soffrendo ancora: «Penso - osserva ancora Meloro - ai negozi legati agli accessori e all’abbigliamento, perché la collezione primavera-estate non è stata venduta e ora si è alla vigilia di dover comprare i capi dell’autunno-inverno. Per loro sarà dura».
Ad ogni modo si spera che, lavorando a Ponte Tresa e quindi in un posto dove il commercio è tradizionalmente andato sempre bene, gli imprenditori riescano a tenere duro. Anche perché, dopo i ticinesi, pare che stiano tornando i turisti in arrivo da Nord: «A quanto ci risulta - conclude il dirigente Ascom - il Ticino è già pieno di turisti che, una volta a sud del Gottardo, una capatina per lo shopping in Italia la fanno. Inoltre a breve ci sarà un ritorno del turista stanziale sul Lago Maggiore, perché i numeri del contagio sono bassissimi e dai dati che sento degli alberghi, stanno tornando le prenotazioni».
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