LA PIAGA
Riecco l’ombra della ‘ndrangheta
Omicidi, incendi dolosi: la Dda di Milano indaga su vent’anni di crimini nel Varesotto

Dodici incendi dolosi in poco meno di un anno, dal novembre dello scorso anno. Auto, furgoni e camion distrutti.
Quattro omicidi irrisolti che risalgono a vent’anni fa. Sequestri di armi dirette dalla Svizzera al sud Italia. E due suicidi che forse non lo sono.
C’è tutto questo, e forse anche di più, dentro un’indagine milanese che ipotizza che sul Nord della provincia la ‘ndrangheta calabrese, in particolare con due famiglie delle province di Catanzaro e Crotone, abbia steso i suoi tentacoli da molto tempo.
E continui ancora oggi a fare i suoi affari, anche se in modo meno sanguinoso, appunto con il traffico d’armi, ma anche di droga, e con estorsioni e intimidazioni di ogni genere.
Non a caso, un’informativa dei carabinieri affermerebbe che «i due gruppi si sono spartiti le attività illecite spadroneggiando nella zona approfittando del clima di terrore instauratosi tra la popolazione che ha assistito, nel tempo, alla consumazione di gravi e plateali delitti che avevano come scopo proprio quello di seminare il panico tra la gente, inducendola a sottostare alle volontà dei protagonisti».
Per quanto riguarda gli omicidi irrisolti, quelli su cui si concentrerebbe l’attenzione degli inquirenti avvennero tra il 1994 e il 1998.
Il primo fu duplice - l’uccisione con colpi di pistola alla testa di Filippo Marini e Patrizia Ferraro, i cui cadaveri furono trovati dentro un’auto bruciata nei boschi di Bedero Valcuvia il 15 maggio 1994 - mentre degli altri due furono vittime Sergio Bosio (a Marchirolo l’11 ottobre 1997) e Antonio Bevacqua (a Lavena Ponte Tresa il 9 luglio 1998). Quattro morti ammazzati a cui se ne aggiunge un quinto, l’ex rapinatore Giorgio Perboni, fatto fuori il 28 maggio 2001 appena fuori dal cimitero di Cugliate Fabiasco. Unico delitto per cui c’è un colpevole, Pietro Pollizzi, arrestato, condannato e diventato per un certo periodo collaboratore di giustizia.
Sarebbe grazie alle sue rivelazioni che la Direzione distrettuale antimafia di Milano cerca ancora oggi di far luce sui “cold case” di mafia di cui si è detto e sulla più recente serie di incendi dolosi ai danni di auto, furgoni e camion, ipotizzando che dietro a tutti ci siano gli emissari della ‘ndrangheta nel Varesotto.
Quanto ai due suicidi che forse non sono tali, il riferimento è alle morti in Canton Ticino di due italiani, uno dei quali era il fratello di Pollizzi, classificate dalla polizia svizzera, nel 2001 e nel 2003, appunto come suicidi per arma da fuoco, ma sulle quali ci sono ora dubbi da parte dei carabinieri.
Infine gli incendi dolosi, con numerosi episodi in particolare tra i mesi di maggio e luglio di quest’anno.
A Marchirolo, a giugno, alle quattro del mattino bruciano due furgoni parcheggiati lungo la Statale 233. Venti giorni dopo, a Cunardo, un rogo distrugge un auto in un posteggio. E due settimane dopo un’altra auto viene distrutta da un incendio doloso a Cugliate Fabiasco.
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