IL CASO
Furti a raffica, 69 anni di condanna. Ma la pena diventa di 10
Busto Arsizio: la donna rubava fin da piccola: «Instradata al furto». Carcere evitato con gravodanze continue: 12 figli registrati all’anagrafe

Aveva accumulato 69 anni di reclusione commettendo furti non solo in provincia di Varese ma in tutta Italia. Aveva iniziato da bambina, quando ancora non era imputabile e aveva proseguito per oltre dieci anni, evitando il carcere a colpi di gravidanze. Dodici i figli ufficiali, ossia registrati all’anagrafe. Per la trentasettenne, che vive nell’Altomilanese e che dal 2015 non aveva rubato più nemmeno una bustina di zucchero, era arrivato il momento di scontare quel cumulo che fa impallidire i delinquenti più incalliti. L’ha salvata l’istituto giuridico della continuazione, ossia il riconoscimento di un unico disegno criminale nei reati compiuti: su questo ha puntato l’avvocato Renato Musella riuscendo ad abbattere il totale della pena a dieci anni.
DESTINO SEGNATO
Il tribunale di sorveglianza ha condiviso la tesi del difensore. La donna per anni «ha vissuto rubando» e neppure per trarre un profitto personale. Fin da piccola faceva ciò per cui i bambini nomadi sono programmati: intrufolarsi in negozi, ville e appartamenti e saccheggiare il più possibile. Il clan l’aveva avviata alle ars predatoria e tutto ciò che la ragazzina arraffava lo consegnava agli adulti del campo rom che le avevano insegnato a maneggiare cacciaviti e pinze. Conosceva le regola del gioco: se le forze dell’ordine l’avessero beccata con le mani in una borsa lei avrebbe dovuto tacere e attendere l’intervento di un avvocato di fiducia, inviato dai parenti. Crescendo aveva seguito i consigli delle decane: procreare senza soluzione di continuità, così da garantirsi la libertà. A parere dell’avvocato Musella c’era una «continuazione teleologica» nella sua condotta che emerge da caratteristiche precise: «Pluralità delle persone offese, continuità cronologica tra i fatti, modalità della condotta e tipologia dei reati».
FURTI A FERRAGOSTO
Una buona parte delle sentenze diventate definitive erano state pronunciate da tribunali affacciati sul mare: Genova, Livorno, Pesaro, Vasto, Forlì, Spezia, Savona, Rimini. Le vacanze estive le passava lavorando, girando di spiaggia in spiaggia, tra le cabine, nei lidi, e sotto gli ombrelloni per derubare i turisti distratti o appisolati al sole. Ma era nota anche in provincia di Bolzano, a Padova, a Bologna, nel Varesotto, a Verbania e nell’Altomilanese. L’avvocato Musella assicura: «Ha cambiato completamente vita, non ha più commesso reati negli ultimi dieci anni, i suoi figli studiano e a differenza di quanto fecero con lei, non sono stati incanalati nella delinquenza». Dieci anni dietro le sbarre dovrà comunque trascorrerli, ma al momento la trentasettenne è in differimento pena per motivi di salute. E non è un escamotage da rom, le sue condizioni sono davvero incompatibili con il regime detentivo.
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