L’APPELLO
«Salviamo il gambero di fiume»
Quello autoctono è attaccato dal cugino americano e da un fungo

Salvare il gambero di fiume. È questo l’obiettivo del Parco Nazionale Val Grande. Il motivo è presto detto: la presenza del gambero di fiume autoctono è un indicatore molto attendibile della salubrità e dell’integrità ambientale. E questo piccolo crostaceo d’acqua dolce che popola i torrenti dell’area wilderness più vasta d’Italia è purtroppo in pericolo.
La minaccia è rappresentata dall’inquinamento e dalla frammentazione del suo habitat, ma anche dall’introduzione di specie esotiche come il gambero di fiume americano, assieme a cui ha fatto la sua comparsa il fungo Aphanomyces astaci che ha causato un’elevata morìa di gamberi indigeni. Per questo bisogna correre ai ripari. Per contrastare questo pericolo è in corso un’attività di ripopolamento di alcuni corsi d’acqua del Parco che terminerà questa primavera.
«Gli esemplari da introdurre - spiegano dall’Ente Parco - sono stati individuati all’interno di popolazioni locali particolarmente abbondanti come quella del Rio Inferno, nella periferia sud di Domodossola».
Ecco il primo passo, ma poi?
«I gamberi catturati - evidenziano ancora dal Parco - vengono scelti tra le diverse classi di età per non alterare l’equilibrio della popolazione originaria, successivamente vengono marcati con microchip che permettono di identificare in maniera univoca ogni singolo esemplare. La marcatura permetterà di valutare la riuscita della semina nel corso delle apposite campagne di monitoraggio che si protrarranno periodicamente fino al 2022». L’intervento di protezione del gambero di fiume attivato dal Parco Val Grande rientra nelle azioni previste dal progetto IdroLife, nato nel 2016 con lo scopo di conservare la fauna acquatica nativa dei fiumi Toce e San Bernardino e, appunto, dei torrenti del Parco. Il partenariato di IdroLife si compone di enti pubblici e privati le cui competenze amministrative, tecniche e scientifiche assicurano il raggiungimento degli obiettivi di progetto attraverso un’attenta organizzazione. Ente capofila è l’Istituto per lo studio degli ecosistemi, che ha sede a Verbania Pallanza ed è uno degli istituti del Consiglio Nazionale delle Ricerche che da oltre 80 anni è impegnato nella ricerca in campo limnologico e idrobiologico ed è specializzato nel monitoraggio, nella ricerca applicata e nell’ittiologia delle acque dolci. Gli altri partner sono: la Provincia del Vco, il Parco Val Grande e Graia (Gestione e Ricerca Ambientale Ittica Acque), una compagnia privata con comprovata esperienza nel campo del ripristino ambientale, dei passaggi per pesci e dell’ittiologia.
«Un’altra azione prevista da IdroLife - sottolineano ancora dal Parco - è l’attività di educazione ambientale che procede anche quest’anno con programmi didattici per le scuole legati alle tematiche del progetto. Come ente abbiamo anche partecipato lo scorso ottobre alla convention di due giorni «Gente di Lago e di Fiume», organizzata dall’omonima associazione culturale presso l’Isola dei Pescatori a Stresa».
© Riproduzione Riservata