LA DECISIONE
Chiude la Tessitura di Nosate
Parla l’azienda ma si alza la tensione: «Da anni equilibrio instabile». Venerdì vertice dagli industriali

S’incrociano le braccia e si alza la tensione alle Tessiture di Nosate. La massa ai cancelli, le bandiere sindacali e i cartelli appesi dicono molto: «Serietà, non buffonate», si riferisce ai novant’anni di attività, celebrati in grande stile lo scorso novembre.
«Allo stesso modo hanno festeggiato anche in vista del Natale», aggiunge una delle 110 lavoratrici, per la maggioranza donne, alla prima giornata di sciopero.
Tra brindisi e i regolari 3 turni da 8 ore con straordinari, nulla lasciava presagire quanto riassunto da un altro cartello e comunicato solo la scorsa settimana: «90 anni di lavoro persi in 20 giorni», tanto separa le Tessiture di Nosate dalla chiusura.
Vinta l’iniziale resistenza, parla l’ad Alberto Fossati: «Da 10 anni viviamo su precari equilibri, diventati insostenibili a causa di un sensibile calo del fatturato nell’ultimo biennio. Non si poteva continuare. Ci siederemo con i sindacati e faremo in modo di risolverla nel modo meno traumatico possibile», afferma.
Dal canto loro, i sindacati quantificano il calo del fatturato al 20% negli ultimi 4 mesi, ma accusano anche il mancato preavviso e una strategia che riduce gli ammortizzatori alla sola cassa integrazione straordinaria, incerta perché attivabile per cessata attività a discrezione del governo. Intanto che Fossati prova a spiegarsi, gli scioperanti lo sommergono di fischi e boati. La fiducia verso la dirigenza tocca i minimi livelli e la riprova arriva con un suv, dal quale esce Davide Fiore, direttore commerciale, subito circondato dalle lavoratrici, furenti.
C’è chi gli rinfaccia il mutuo sull’auto, acceso dopo precise rassicurazioni da parte dell’azienda, chi il mutuo sulla casa con uno, o due figli a carico, senza garanzie di stipendio per i prossimi mesi: «La proprietà ha sempre ripianato le perdite, ma non ci sono margini. Arrivare in pari è già tanto e poi c’è la concorrenza di Cina e Turchia. La magra realtà è che siamo un’eccellenza, che farà la fine di tutti gli altri greggisti, che hanno chiuso da un pezzo», si difende.
In quanto alla proprietà, gli scioperanti indirizzano sarcasmo e livore in particolare verso la Fondazione Peppino Vismara, ente benefico la loro additato come azionista di maggioranza.
Un sostegno alle loro rivendicazioni e un impegno per la mediazione arrivano invece dagli enti locali: «È stato scorretto informare della chiusura dall’oggi al domani. L’impatto sociale sul territorio è devastante. Il fatturato, il lavoro e l’alto valore dei macchinari non mancano.
Eppure, chiudono in perdita. Una parte di responsabilità va rintracciata anche nella politica, che non sostiene le imprese e preferisce il reddito di cittadinanza, con il risultato di abbattere la competitività delle aziende in pochi mesi», afferma Marco Ballarini, consigliere metropolitano e sindaco di Corbetta, che incontrerà i sindacati con il collega di Santo Stefano domani, mercoledì 13 marzo, in vista di un vertice fissato per venerdì all’Unione Industriali di Legnano.
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