L’IMBROGLIO
L’auto non c’è, la truffa sì
Hanno intascato quasi 2 milioni di euro vendendo mezzi fantasma. La rabbia dei clienti
Secondo l’accusa, avevano fondato una vera e propria associazione a delinquere finalizzata alle truffe automobilistiche.
Per questo nei giorni scorsi il pubblico ministero Nadia Calcaterra ha chiuso le indagini a carico di quattro soggetti finiti, nel 2015, sotto la lente d’ingrandimento della collega Francesca Gentilini, oggi in servizio a Milano. I capi di imputazione sono ben 277, non sarà facile per nessuno districarsi in quel groviglio di contestazioni. A parere della procura, sarebbero centinaia le auto vendute e mai consegnate, per un ammontare di circa 2 milioni di euro.
Un imbroglio colossale, messo a segno con il più semplice dei sistemi: l’annuncio su internet. In poche settimane era confluita sul tavolo dei carabinieri di Albizzate una messe di denunce da tutta Italia, casi - tra cui quello di una mamma che il veicolo l’aveva acquistato per trasportare il figlio disabile e il suo passeggino speciale - che vennero passati al vaglio uno a uno.
Al centro dell’inchiesta una società che da gennaio del 2015 avrebbe iniziato a suscitare l’interesse di possibili acquirenti proponendo vere e proprie occasioni online. La srl solbiatese, in altre parole, avrebbe proposto modelli di macchine provenienti da altre società con una scadenza di noleggio a lungo termine. I prezzi risultavano convenienti, con margini di risparmio variabili tra 2mila e 4mila euro. Il cliente interessato doveva versare un anticipo a mezzo bonifico pari al venti per cento dell’importo totale, il saldo l’avrebbe pagato alla consegna.
C’era pure un contratto, da sottoscrivere online, in cui venivano precisati il mese del ritiro dell’auto, il colore scelto, lo stato in cui si trovava e una garanzia di ventiquattro mesi.
Nessuno però vide almeno un cerchione. Molte le vittime che si rivolsero anche alla Prealpina.
Oltretutto il 19 maggio intervenne pure la messa in liquidazione della srl. Venne anche aperta una pagina Facebook su cui si sfogò la mamma del figlio disabile: «Ho avuto danni sia economici che morali». Da quattro anni attende giustizia.
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