OMICIDIO GERACI
Arrestato il complice di Melina
Bechir Baghouli incarcerato in Tunisia: chiesta l’estradizione
Il colpo di scena arriva da Tunisi: Bechir Baghouli, l’amante di Melina Aita, è stato arrestato dalla polizia tunisina.
La comunicazione al tribunale di Busto Arsizio è di pochi giorni fa, ma a quanto pare la cattura risalirebbe addirittura al giorno della condanna all’ergastolo, ossia il 3 dicembre. Ovviamente è stata subito chiesta l’estradizione, affinché il maghrebino sconti la pena laddove ha commesso il reato. Ma la Tunisia non ha dato il consenso.
Al massimo, per considerare l’esercizio dell’azione penale, la procura di Busto potrà trasmettere le copie degli atti relativi alla sua posizione.
Lecito però pensare che in realtà la polizia tunisina già fosse a conoscenza degli spostamenti di Bechir, che è difeso dall’avvocato Marco Brunoldi, sebbene abbia sempre fatto sapere di non riuscire a trovarlo. Ma è una supposizione che poco rileva ai fini processuali.
Nessuna notizia, invece, su Slaheddine Ben ‘H Mida, l’altro imputato per l’omicidio di Nino Faraci, commesso il 12 aprile del 2014.
Come hanno ricostruito le motivazione della sentenza, il delitto venne pianificato nel dettaglio da Melina e da Bechir, per una semplice quanto antica ragione: il marito settantatreenne della donna era diventato una presenza ingombrante per la sessantaseienne, oltretutto aveva chiuso i rubinetti con la moglie e lei non aveva più liquidi con cui foraggiare l’amichetto. Lo ha scritto chiaramente il giudice a latere della corte d’assise Rossella Ferrazzi: «Il matrimonio con la vittima era da tempo in crisi, come confermato dall’esistenza di una relazione extraconiugale» precedente con Nicola Pennisi «abilmente celata a tutti e proseguita per un lasso di tempo molto lungo. È quindi credibile che, stante la mancanza di denaro di Baghouli - che non lavorava - e la gestione esclusiva del denaro di famiglia da parte del marito, Aita abbia deciso di liberarsi di Faraci in modo da poter essere libera anche nelle scelte economiche, godendo della propria pensione e di quella di reversibilità del marito».
E ancora: «Il movente del delitto deve essere ricollegato alla relazione esistente tra Bechir Baghouli e Aita, come risultante da tutti gli elementi più volte ripercorsi e alla dipendenza economica di Aita dal marito. (...) Baghouli non lavorava e non disponeva di denaro. E neppure l’amico Ben ‘H Mida ne aveva, in più giocava alle macchinette e non pagava le stanze che occupava. In tali elementi deve quindi individuarsi il movente dell’omicidio per ciascuno dei partecipi».
Come già annunciato il giorno della dispositivo pronunciato dal presidente Renata Peragallo, gli avvocati Brunoldi, Pierpaolo Cassarà e Carla Guembes andranno in appello.
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