IL PROCESSO
«Che Dio trovi l’assassino»
Omicidio di via Briante, ieri in aula la verità di Melina Aita. «Sono innocente»
Il destino di Antonino Faraci potrebbe essere stato deciso proprio da Melina Aita quando ammonì Bechir Baghouli: «Questi sono gli ultimi 50 euro che ti do, mio marito non vuole darti soldi».
Era il pomeriggio del 12 aprile 2014: la sessantanovenne - a processo per l’omicidio del marito insieme ai tunisini Bechir e Slaheddine Ben’H Mida - incontrò il ragazzo alla stazione di Busto Arsizio per accontentare l’ennesima richiesta di denaro. Poi tornò a casa, nella villetta di via Briante, preparò il sugo e si mise sul divano con Antonino a guardare la televisione e a mangiucchiare taralli. Ricevette la telefonata del figlio Andrea, che vive negli Usa, poi uscì per andare dalla figlia Antonia, a Fagnano Olona.
Al ritorno trovò la mattanza. È questa la ricostruzione che ieri la donna, tra lacrime e sospiri, ha fornito al pubblico ministero Rosaria Stagnaro e alla corte d’assise presieduta dal giudice Renata Peragallo, difendendosi da ogni accusa. «Non avrei mai potuto fare del male a mio marito. Spero che Dio faccia trovare chi gli ha fatto del male e che gliela faccia pagare. Voglio morire, voglio raggiungere Nino».
Melina ha raccontato gli ultimi scambi di battute con Antonino prima della tragedia: «Non voleva che indossassi la maglietta leopardata, mi prendeva in giro. Eravamo felici». Poi, a detta sua, il tradimento commesso da quel ragazzo tunisino che lei aveva sempre aiutato, fedele al senso di carità e solidarietà che da sempre la spingeva a invitare alla sua tavola barboni, poveri, disagiati. «Me l’ha ammazzato dopo tutto il bene che gli ho fatto», si è disperata ieri in aula.
Ammettendo, tra l’altro, la relazione che in passato ebbe con l’amico di famiglia Nicola Pennisi. «Mi sono pentita, mi sono vergognata. Ma lui mi aiutava sempre». A Pennisi a quanto pare Melina si rivolgeva quando aveva bisogno dei soldi per pagare le lezioni di danza al figlio Andrea (giunto dalla California per essere sentito ieri come teste).
L’avvocato Pierpaolo Cassarà ha voluto sottolineare il rapporto di scambio tra la sua assistita e l’amante, per evidenziare che le corna a Nino le facesse per necessità. «Se lei non si concedeva lui non le dava i soldi vero?», le ha domandato. Ma sia il pm Stagnaro che il presidente Peragallo sono saltate sulle sedie: «Le sta chiedendo se facesse la prostituta», sono sbottate. Melina è poi tornata a sedere accanto agli avvocati Cassarà e Marco Brunoldi. La parola è passata al consulente Marzio Capra, il genetista della difesa di Massimo Bossetti. Una breve dissertazione sul dna repertato, poi l’udienza è stata aggiornata a novembre.
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