L’APPELLO
Somma, pedone investito due volte: condanna
Prima un colpo alla schiena con l’auto, poi il piede calpestato, dieci mesi per omissione di soccorso

Colpì con lo specchietto della propria vettura la schiena di un pedone a passeggio con il cane e poi gli passò sopra a un piede con una ruota facendolo finire al pronto soccorso.
Davvero un gran bel pasticcio, quello avvenuto a Somma Lombardo, sfociato in processo per lesioni e omissione di soccorso. Già, perché l’automobilista finita sul banco degli imputati, una ventottenne residente a Somma, pur avendo sentito il rumore dell’urto al momento dell’impatto («un rumore duro», lo aveva descritto) ed essersi resa conto che lo specchietto laterale non solo si era rotto ma si era persino staccato, aveva preferito «allontanarsi volontariamente dal luogo del sinistro», senza fermarsi.
In primo grado, il Tribunale di Busto Arsizio, pur concedendole il beneficio della sospensione condizionale della pena, aveva ugualmente usato la mano pesante nei confronti della conducente del veicolo, condannandola a un anno e 9 mesi di reclusione e alla sospensione della patente per due anni. Di fronte all’atto d’impugnazione della difesa, la Corte d’Appello di Milano ha scelto di dare una sforbiciata alla pena, ridotta a dieci mesi di reclusione, complice il riconoscimento delle attenuanti generiche, negate in primo grado anche perché la donna non ha mai dato segni di resipiscenza né ha presentato scuse alla vittima, costituitasi parte civile attraverso il legale di fiducia Davide Toscani.
Teatro dell’incidente via Ronchi, una strada oggettivamente stretta, che il pedone stava percorrendo in direzione centro. Dopo l’urto e la caduta del pedone, l’automobilista, una donna dai capelli biondi, aveva prima rallentato e, poi, aveva proseguito la marcia senza più fermarsi.
A incastrarla lo specchietto retrovisore rimasto accanto al pedone ferito, che si fratturò l’alluce del piede, e le telecamere di videosorveglianza, che hanno consentito di risalire all’automobilista.
Nel corso del procedimento, l’imputata ha detto che quel giorno c’era della neve a terra e che forse la visibilità, complice la brina, non era perfetta, ma che era strasicura di non aver investito nessuno. Semmai si era convinta di essere andata a sbattere contro un palo che non si vedeva perché c’era una siepe che sporgeva.
© Riproduzione Riservata