IL VERDETTO
Sprangate al passeggero: tassista condannato
Nove mesi e risarcimento di 15mila euro dopo una discussione iniziata a Malpensa e finita male

Il tassista ha sempre detto di non aver fatto nulla di male, ma i giudici gli hanno dato torto in due differenti gradi di giudizio. Dopo il Tribunale di Busto, anche i giudici della terza Corte d’Appello di Milano hanno condannato a nove mesi l’autista, un bustocco oggi 53enne, finito sotto processo perché nel dicembre di cinque anni fa avrebbe colpito con una barra antifurto metallica un cliente caricato nel cuore della notte allo scalo di Malpensa e scaricato poco dopo al termine di un violento litigio con una doppia ferita allo scafoide della mano e al perone. Disposto anche un anticipo sul risarcimento di 15mila euro a carico dell’ormai ex tassista: già, perché, segnato dalla vicenda, l’uomo ha nel frattempo venduto la licenza. Il ferito, stanco e stressato per la lunga e vana attesa della partenza del suo aereo, rinviata infine al giorno successivo, aveva deciso di pernottare nei dintorni di Malpensa e aveva optato per prendere un taxi. Ed è a questo punto che si era verificato il fattaccio. Già, perché l’autista, una volta venuto a sapere che la sua corsa sarebbe stata di una manciata di chilometri, avrebbe invitato il cliente a ripiegare sulla navetta. La reazione del cliente, già esasperato, non si sarebbe fatta attendere. Reazione giustificata anche perché gli veniva negato quello che, a ragione, considerava un servizio pubblico. Di fronte alle proteste, il conducente avrebbe fatto marcia indietro e l’avrebbe caricato. Da qui le versioni divengono contrastanti.
Secondo la parte offesa, a 700 metri dallo scalo, il tassista, dopo essersi rifiutato di fornire le proprie generalità al cliente, avrebbe sfoderato la sbarra e lo avrebbe colpito ferendolo alla mano e alla gamba, per poi lasciarlo in strada. L’imputato diceva altro e cioè che, alterato e aggressivo, il cliente lo avrebbe insultato nel breve tragitto a bordo del taxi, scalciando più volte il sedile. A irritarlo, l’andatura a suo dire troppo lenta, giustificata invece dall’autista con la presenza di ghiaccio sulla strada. Per questo, con la macchina ancora in movimento, avrebbe deciso di scendere all’improvviso. Di qui la caduta e le ferite in seguito refertate. Insomma, avrebbe fatto tutto da solo. Ma il giudice non gli ha creduto.
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