LA SENTENZA
Stalking, condannato il vicino
Atti persecutori di un sessantenne ai danni di una coppia. Un anno e 2 mesi e risarcimento

Anni e anni da incubo, quelli vissuti da una coppia varesina presa di mira da un vicino, all’inizio per una questione di servitù di passaggio in relazione a tubi dell’acqua, e in seguito senza un vero motivo e per questo forse in modo ancora più angosciante.
Qualche giorno fa, finalmente, la sentenza del giudice monocratico Cristina Marzagalli: il vicino sessantenne è stato condannato a un anno e due mesi di reclusione (il pm aveva chiesto un anno e sei mesi), con un anno di libertà vigilata, ed è stato disposto anche un risarcimento a favore della coppia tormentata, parte civile nel processo con l’assistenza dell’avvocato Irene Visconti: si tratta più o meno di 5.000 euro per il marito e di altri 5.000 per la moglie.
Il reato contestato all’imputato? Naturalmente quello di atti persecutori, noto ai più come stalking.
Tutto sarebbe iniziato addirittura nel 2011, quando si rese necessario un potenziamento dell’impianto dell’acqua nella palazzina in cui viveva il sessantenne, separato dalla moglie e con i figli grandi, e anche la coppia di professionisti destinati a subire la persecuzione dell’uomo. Sulla questione una causa civile è tuttora in corso, ma è chiaro che anni e anni di atti persecutori non possono essere giustificati da un simile “movente”.
La coppia all’inizio cercò di ottenere la pace senza coinvolgere altre persone nella vicenda, ma dato che gli atti persecutori continuavano, nel 2014 si rivolse prima alla Questura chiedendo un ammonimento e poi presentò una denuncia.
Allucinante il “catalogo” dello stalking così com’è emerso nel processo: si va da inseguimenti dei poveretti con il sessantenne armato di volta in volta con un falcetto, una mazza da baseball e forbici da potatura, a cartelli e lenzuoli appesi fuori di casa (l’epiteto più cordiale? “Asini”), dalle minacce verbali alle vere e proprie aggressioni fisiche, dalla chiusura dei contatori dell’acqua all’ultima “trovata”: l’anno scorso il sessantenne ha finto di essere stato investito dall’auto guidata dalla donna. Si è buttato a terra, ma la verità è venuta subito fuori e l’accaduto è stato messo agli atti del processo.
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