TRAGEDIA A TRADATE
Morto sul lavoro: patteggia il capocantiere
Assolti gli altri sei imputati. Nell’incidente perse la vita un operaio bergamasco di 52 anni

Operaio morì nel cantiere della Fornace: un patteggiamento e sei sentenze di non luogo a procedere «perché il fatto non sussiste».
Si è chiusa così, oggi, lunedì 3 aprile, in Tribunale a Varese, l’udienza preliminare del processo per la morte di Marco Oldrati, 52 anni, di San Paolo d’Argon (Bergamo), precipitato da cinque metri d’altezza nel maggio 2021. La Procura aveva chiesto il rinvio a giudizio di sette persone, sei accusate di omicidio colposo, una di favoreggiamento. Il capocantiere dell’affidataria ha patteggiato un anno di reclusione, pena sospesa. Assolti gli altri imputati.
I familiari di Marco Oldrati si sono costituiti parte civile con i legali dello studio Giesse Risarcimento Danni.
L’incidente risale al mattino dell’8 maggio 2021: Oldrati sta maneggiando una carotatrice, deve eseguire dei fori su una trave di cemento armato che si trova all’altezza di 5 metri da terra. È assieme ad un collega e stanno eseguendo dei lavori di riqualificazione del centro commerciale La Fornace; si trovano nell’area di cantiere esterna di fronte al parcheggio del centro commerciale. Per poter eseguire il lavoro a quell’altezza, Marco entra all’interno di un contenitore in rete metallica posizionato sulle forche di un sollevatore. Sta forando la trave da circa due ore, quando, improvvisamente, il contenitore precipita al suolo con lui dentro. L’impatto è violentissimo e a nulla servono i tentativi di rianimarlo: Marco muore sul colpo per le gravissime lesioni riportate.
Le autorità hanno potuto ricostruire la dinamica dell’infortunio grazie ai filmati delle telecamere di sorveglianza posizionate in prossimità del McDonald’s e del Brico Ok, oltre che alle testimonianze di altri operai che stavano lavorando nell’area esterna, nei pressi del luogo dell’incidente.
Gli ufficiali di polizia giudiziaria, nelle conclusioni della loro relazione, evidenziano che «il carrello elevatore in uso ad Oldrati non era dotato di cestello e quindi non poteva essere utilizzato per il sollevamento di persone e in cantiere non sono stati rinvenuti cestelli idonei per il sollevamento di persone. A maggior ragione non poteva essere utilizzato per il sollevamento di persone con un contenitore in rete metallica, idoneo unicamente al trasporto di beni e non di persone». Per l’accusa, insomma, quello strumento non era adeguato e sicuro; quelle operazioni di carotaggio avrebbero dovuto essere eseguite utilizzando «ponteggi o ponti su cavalletti». Ma per il gup i legali rappresentanti delle ditte impegnate nel cantiere non ebbero alcuna responsabilità nella tragedia; l’unico a pagare, alla fine, è il preposto.
«Prendiamo atto dell’esito del giudizio penale, continueremo comunque ad assistere i familiari di Marco Oldrati e intraprenderemo tutte le azioni necessarie, compresa un’eventuale azione civile con i nostri legali fiduciari, fino ad ottenere per essi il giusto e dovuto risarcimento», conclude Riccardo Rigonat, consulente Giesse per la zona di Bergamo.
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