SOLIDARIETA’
Trentacinque bambini dalle bombe al mare
Vacanze ad Alassio per i piccoli ucraini grazie ai volontari di Busto Arsizio
Piangono quando arrivano in Italia dalla felicità, perché vedono il mare che molti di loro non hanno mai visto e perché non sentono più i boati delle bombe. Piangono anche quando partono perché vorrebbero rimanere, perché devono lasciare degli affetti belli e non tutti possono ritrovare quelli delle loro famiglie. È una storia felice e triste quella che vi raccontiamo e che vi commuoverà anche se non l’avete vissuta di persona.
La generosità dei bustocchi
Hanno trentacinque nomi dell’est i bambini dell’Ucraina che sono arrivati più di due settimane fa per un soggiorno al mare grazie alla disponibilità della colonia di Busto Arsizio. Si sa che i bustocchi sono generosi ma non lo vogliono far sapere, si vergognano a mostrarsi buoni. Ma sono così. Li rappresenta alla perfezione un bustocco doc come Antonio Tosi, presidente di Aubam (associazione umanitaria pro bambini del mondo), per tutti il pedela, colui che impersona la maschera del Carnevale, il Tarlisu. Ma questa è una storia seria, molto seria. Attorno a lui c’è un gruppo di gente con il cuore grande, che si innamora di quei bambini, che li abbraccia quando salgono sul pullman e che piangono quando con la manina fanno ciao.
Un abbraccio prima di addormentarsi
Zlata, Sofiia, Anastasiia, Iryna, Anhelina, Oleksandr, Khrystofor, Yeva, Sviatoslav, Oleksandr, Oleksandr, Bohdan, Solomiaa, Sofiia, Oleksandr, Daria, Hlieb, Dmytro, Mykola, Nazar, Hryhorii, Arina, Daniil, Zakhar, Yaroslav, Yelyzaveta, Volodymyr, Kostintyn, Denys, Yehor, Dmytro, Sofiia, Roman, Sofia e Maria (come da elenco) vanno dagli otto ai tredici anni. Cappellino in testa per ripararsi dal sole (uno con la bandiera dell’Ucraina), maglietta e pantaloncini, fanno la gara degli abbracci. I volontari dell’Aubam li coccolano e pure le tre accompagnatrici - Oxana, Svitlana e Anastasija - non risparmiano i gesti affettuosi. Anzi. «Ogni sera - racconta Anastasija (Nastja) - li abbracciavamo prima di addormentarsi. Era bello sia per noi sia per loro». L’affetto si costruisce così. Ed è qualcosa che non si può spiegare. Per Antonio Tosi invece si riesce a farlo: «Io mi sento miliardario quando li vedo».
Un progetto che resiste
Il progetto che anche quest’anno si è realizzato (dopo l’esperienza dell’accoglienza in famiglia) parte dall’ospitalità verso i bambini di Chernobyl per tenerli in un ambiente sano nonostante loro siano cresciuti vicini alla centrale, con tutti i rischi radioattivi che ciò comporta. Molti di quei bimbi di allora ora sono grandi ma hanno mantenuto un affetto particolare per l’Italia. Nastija, una delle accompagnatrici, venne qui quando aveva sei anni, ha imparato bene l’italiano e ora non smette di tenere i legami con il nostro Paese. Con lo scoppio della guerra, naturalmente, il progetto Chernobyl si è allargata e ora i minori arrivano da tutta l’Ucraina. Molti sono di Kiev o dei dintorni della capitale ma tanti altri sono di zone dilaniate dai bombardamenti, appartengono a famiglie in fuga da Karkiv, da Zaporiza, da Cherson. Nei primi giorni di soggiorno ad Alassio in tanti si svegliavano di soprassalto quando sentivano il rumore del treno o degli aerei. Pensavano fossero i bombardamenti. Poi le accompagnatrici hanno spiegato loro che qui non c’è la guerra e si sono calmati. Ma cosa succederà adesso che torneranno in patria?
La roulette russa
Il pullman proveniente da Alassio si ferma in autogrill sulla tangenziale di Milano a Muggiano Est per farli mangiare. Poi punta su Lampugnano dove si cambia bus in vista del viaggio di due giorni per arrivare in Ucraina. L’andata è stata tranquilla, solo un paio d’ore d’attesa alla frontiera con l’Ungheria. Per il resto è filato tutto liscio, con controlli veloci alle altre frontiere. La guerra, hanno spiegato le accompagnatrici, non riguarda i bambini, loro sono a posto con i passaporti, tutte le carte sono in regola grazie al grande lavoro in regia di Aubam in accordo con l’ambasciata. Ma cosa accadrà adesso che i ragazzi rimettono piede in quella terra dove - è proprio il caso di dirlo - ogni giorno è come una roulette russa, un’esistenza in sospeso tra la vita e la morte?
Il sogno di Antonio
«Mentre i bambini erano in colonia - spiega Antonio Tosi - hanno sentito dal telefono che c’era allarme aereo a Kiev ed è stato come ripiombare all’inferno. Per questo le accompagnatrici permettevano un uso controllato dei cellulari, per lasciarli tranquilli». Ogni componente della spedizione italiana ha una sua storia alle spalle, un vissuto per la maggior parte di sofferenze e di tentativo di riscatto. Racconta Nastja: «Qui c’è un bambino che non ha più il papà e ha la mamma malata di tumore. Stare con gli amici, poter fare una vacanza al sole e al mare dell’Italia è una piccola ma grandissima possibilità di stare bene». È una catena di solidarietà quella che si forma per costruire un futuro migliore sull’asse Italia-Ucraina. «Il mio sogno sapete quale è? Di andare da loro, nelle loro famiglie e stare in pace». Il desiderio di Antonio Tosi è quello di tutti coloro che sperano in un domani che cancelli le guerre. Ma quello che tutti i giorni ci raccontano le cronache internazionali è l’esatto opposto di un futuro di serenità. Per fortuna che i sorrisi e gli abbracci dei bambini resistono. Dovrebbero insegnare qualcosa ai grandi, però.
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