IL CASO
Trunfio, «Fate presto»
Nuova mossa dell’avvocato Romano, difensore del carabiniere accusato di omicidio: richiesta di trasferimento delle indagini a Milano. E interpellanza al ministro Orlando

Dopo l’appello pubblico alla procura affinché venisse finalmente definita la posizione del carabiniere indagato per l’omicidio colposo di William Trunfio, l’avvocato Pietro Romano ha atteso altri quattro mesi. Silenzio. E ora ha detto basta. Martedì 13 ha depositato l’istanza di avocazione delle indagini alla corte d’appello di Milano e nel frattempo ha presentato un’interpellanza al ministro di Grazia e Giustizia Andrea Orlando per segnalare il caso. «A ottobre saranno trascorsi due anni dal fatto, i termini sono ampiamente scaduti e noi non abbiamo mai ricevuto una proroga delle indagini. Sul mio assistito pende la spada di Damocle della sospensione dal servizio in caso di rinvio a giudizio, è in una condizione di stress pesantissima. Non capiamo cosa ci sia ancora da accertare, i testimoni sono stati ascoltati e le perizie eseguite. Cosa stiamo aspettando?». Oltre a Romano anche Giuseppe Lauria, difensore della famiglia Trunfio, a marzo si era rivolto agli inquirenti sollecitando una risposta. Posizioni diverse quelle dei due legali: Romano sostiene l’insussistenza dell’accusa e punta all’archiviazione, Lauria perora la tesi dell’omicidio e si aspetta l’esercizio dell’azione penale.
Si trovano però d’accordo su un fronte: o dentro o fuori, niente più limbo.
La vicenda, secondo quanto ricostruito dai carabinieri stessi e dalla procura, risale alla notte tra il 5 e il 6 ottobre del 2015. La sequenza di eventi funesti culminata in via Micca sarebbe iniziata poco dopo le 3 in viale Milano. Il trentanovenne Trunfio aveva inaugurato la giornata con una rapina: in via Marsala si impossessò di una Panda puntando un coltello contro il proprietario. Qualche ora dopo prese di mira due ragazze che facevano benzina a un distributore di Buguggiate: usò la stessa tecnica per portarsi via borse ed effetti personali, sfoderò la lama e le mise in condizioni di non reagire.
Poi in tarda serata cercò di truffare il Carrefour. Con la carta di credito di una delle due giovani tentò di pagare merce per circa 50 euro. «Mi mostri un documento», era stata la richiesta di routine del cassiere. Preso dal panico, Trunfio a quanto pare avrebbe mollato gli acquisti sul rullo e si sarebbe dileguato nel buio delle strade gallaratesi.
La pattuglia del nucleo radiomobile in quel momento era ferma vicino al commissariato quando la Fiat passò sul lato opposto di viale Milano. L’appuntato in servizio la riconobbe come quella che al mattino era stata sottratta a un gallaratese e con il collega decise di fermarla. Ma Trunfio - consapevole che se si fosse fermato gli avrebbero contestato l’evasione da una casa di reclusione di Castelfranco Emilia (Modena) e la Panda rapinata - ingaggiò un inseguimento folle, fino in via Micca, dove l’auto dell’Arma lo superò e bloccò. Il trentanovenne a quel punto investì uno dei due militari e provò a fare manovra per scappare e poi, nonostante l’appuntato tentasse di tirarlo giù dall’abitacolo prendendo a pugni il finestrino, fece per innestare ancora la prima. A quel punto l’indagato, in una frazione di secondo, decise di sparare. Il trentanovenne, dopo essere stato colpito, avrebbe cercato di scappare, di uscire dall’auto per fuggire a piedi, al punto da doverlo ammanettare in attesa che arrivasse l’ambulanza. Dopo poche ore l’ospedale comunicò il decesso.
© Riproduzione Riservata