LA SENTENZA
Licenziato, investe il collega. Condannato
Operaio lasciato a casa per giusta causa prende un anno e mille euro di multa
Con la sua auto ha stretto contro un muro di cinta adiacente alla carreggiata un suo collega in bicicletta e l’avrebbe colpito, facendolo cadere per terra. Costretto a ricorrere alle cure dei sanitari, che gli refertarono una prognosi di 10 giorni per trauma cervicale e dorsale, la vittima decise di sporgere denuncia contro il pirata.
Intendiamoci: la sua non fu una denuncia contro ignoti; al contrario, contro una persona a lui più che nota. Si trattava (pardon, si tratta) di un 45enne di Cuggiono, con piccoli precedenti alle spalle, con cui all’epoca del fattaccio - avvenuto a Turbigo a metà dicembre del 2012 - la vittima aveva appena finito di lavorare in una cooperativa con sede operativaa Robecchetto con Induno.
Sulla scia di quella querela,la Procura della Repubblica di Busto Arsizio ha aperto un fascicolo processuale per lesioni personale aggravate dai motivi futili e abbietti sfociato in un processo chiuso in primo grado e ora (a quasi otto anni di distanza dai fatti) anche in appello con una sentenza di condanna a un anno di reclusione e mille euro di multa.
I giudici della terza Corte d’Appello di Milano, così come i colleghi bustocchi in primo grado, hanno creduto alla ricostruzione della parte offesa secondo cui, in quel buio pomeriggio di dicembre, il ciclista sarebbe stato fatto cadere di proposito con una manovra pericolosa dal collega, che lavorava in quella cooperativa come giardiniere.
Collega al quale poche settimane prima aveva consegnato brevi manu la lettera di licenziamento.
Come ha puntualizzato nel corso dell’udienza d’appello il sostituto procuratore generale di Milano, Laura Gay, i due erano sì colleghi tra loro, ma erano più o meno allo stesso livello e il licenziamento (per giusta causa), a causa delle ripetute intemperanze dell’imputato, era stato deciso da altri.
Fra l’altro, stando a quello che è stato accertato in sede di indagini, non sarebbe stata nemmeno la prima volta che l’imputato aveva cercato di investire il malcapitato collega, che era solito il percorso casa-ufficio-casa rigorosamente in sella alla sua bici.
Sarebbe successo almeno in un’altra occasione, ma in quel caso il ciclista era riuscito ad evitare la manovra. Ma quando il cuggionese aveva ritirato l’ultima busta paga e la documentazione relativa al trattamento di fine rapporto sempre dalle mani dello stesso collega, non aveva nascosto tutto l’astio e il risentimento che nutriva nei confronti suoi e degli altri colleghi della cooperativa.
La tesi difensiva?
Dietro l’incidente non ci sarebbe nessun dolo, semmai una colpa. In altre parole, l’automobilista avrebbe cercato molto semplicemente di sorpassare il ciclista.
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