AMBIENTE
Strage di pesci nel Naviglio
Dopo l’Olona altra morìa, chiesta l’analisi dell’acqua
Dopo l’Olona, adesso tocca al Naviglio Grande. Difficile dire se si tratti dello stesso fenomeno, ma chi ha assistito nei giorni scorsi al triste spettacolo di carcasse di pesci trascinate dalla corrente ha subito afferrato l’analogia.
Di simile poi c’è anche il sostanziale mistero che avvolge entrambi i casi, e che almeno per quanto riguarda il fiume Olona, ha rinfocolato non poco le proteste popolari. Per quanto riguarda il Naviglio, invece è prematuro perché fresche sono le immagini della fauna ittica galleggiante.
IL DEPURATORE SOTTO ACCUSA
A inizio settimana i primi avvistamenti hanno interessato nello specifico il canale industriale: un canale tipicamente coinvolto da un altro fenomeno attinente all’inquinamento delle acque, ossia le schiumate che ogni estate ma anche già in primavera fanno parlare di loro e che hanno dato da ultimo materia di denuncia al sindaco Christian Garavaglia.
Alla ricerca di risposte chiare e di un’interlocuzione altrettanto chiara e franca con gli enti superiori per risolvere finalmente il problema, non più tardi di un mese fa il sindaco di Turbigo è tornato ad additare a maggiore sospettato di quel fenomeno il depuratore di Sant’Antonino, frazione di Lonate Pozzolo che scarica le proprie acque giusto nel canale industriale.
Di pesci morti, tuttavia, non se ne era mai avuta notizia fino a questa settimana. Avvisato della cosa, il consigliere di opposizione Francesco Gritta della civica Turbigo da Vivere, si è recato sul posto e una volta appuratala per vera, ha proseguito con le perlustrazioni riuscendo ad avvistare altri pesci morti galleggianti sull’acqua, anche a valle, in pieno Naviglio Grande, al confine tra Turbigo e Robecchetto.
Le carcasse sono state rinvenute anche in località Padregnana, dove si trova una chiusa composta da un doppio sbarramento a vantaggio delle piccole imbarcazioni che solcano il canale: «Saranno stati una decina di pesci sia di grossa che di piccola taglia - afferma Gritta - Non saprei dire se fossero morti per la cattiva qualità delle acque, o per la loro scarsità conseguente al basso livello del lago. Ma se non ho preso un abbaglio è da un mese che le stesse acque appaiono particolarmente torbide e oleose in superficie». «Inoltre - continua il consigliere -, se il livello è certamente più basso rispetto a qualche mese fa, escludo che si possa essere abbassato per più di un quinto di quel che era e fatico a pensare che ciò sia potuto bastare a causare la morte dei pesci, che peraltro da anni sono in costante diminuzione. Basti pensare che un tempo a Turbigo si avvistavano addirittura le anguille».
ANCHE IL CALDO TRA I SOSPETTATI
Da sempre attento al tema dell’inquinamento delle acque dei canali, anche stavolta il giovane consigliere ha segnalato ufficialmente l’episodio con l’invio di mail di posta certificata ai comuni di Turbigo e Robecchetto con l’invito di far analizzare non tanto le acque quanto le carcasse degli stessi pesci per provare a capirci qualcosa in più.
Simile invito l’aveva rivolto all’Arpa lo scorso inverno, durante il periodo delle asciutte, quando documentò un gran numero di detriti sul fondo dei canali, che dal suo punto di vista sarebbe stato interessante analizzare, ma la risposta che ricevette fu tutt’altro che incoraggiante. Non furono abbastanza tuttavia per demoralizzarlo: «Magari scopriremo che i pesci sono morti per il troppo caldo - dice Gritta -. Però non è opinabile che il nostro Naviglio non se la passi granché bene, e ogni malato grande e piccolo che sia ha diritto a essere curato. Né fiumi né canali possono fare eccezione».
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