LA GIUSTIZIA
Uccise la figlia, torna in aula
Attesa la sentenza d'appello per Mario Camboni. Me il 2014 avrà fra gli imputati anche Maurizio Ammendola e Giuseppe Piccolomo

Nelle aule di giustizia il 2014 si aprirà con il processo d’appello a Milano per una vicenda che nel giorno di Pasqua di tre anni fa sconvolse il Varesotto e non solo. Il processo, per un fatto di sangue avvenuto a Gavirate, a carico di Mario Camboni, ex finanziere oggi settantunenne che quel giorno uccise a coltellate la figlia Alessandra, 32 anni, e ferì gravemente il figlio Federico, 34. Ma il 2014 sarà segnato anche da un altro processo per un altro omicidio: dovrebbe essere infatti ormai prossima la chiusura delle indagini a carico di Maurizio Ammendola, reo confesso dell’omicidio di Marino Bonetti, ucciso con un colpo di pistola alla testa la sera del 23 giugno scorso nel camping Sette Laghi di Azzate. Una vicenda ancora oscura, soprattutto in relazione al movente. E poi, naturalmente, si attendono gli sviluppi delle nuove indagini che coinvolgono il presunto "killer delle mani mozzate" Giuseppe Piccolomo (processo in Cassazione per l’omicidio di Carla Molinari il 10 aprile): l’inchiesta varesina sulla morte della prima moglie Marisa Maldera e quella avocata a Milano sull’assassinio di Lidia Macchi, avvenuto 27 anni fa.
Tornando a Camboni, l’ex finanziere comparirà davanti alla prima Corte d’Assise d’Appello di Milano l’8 gennaio, mercoledì prossimo. E la sentenza potrebbe arrivare nella stessa giornata, come accade nella stragrande maggioranza dei processi d’appello, visto e considerato anche il fatto che l’imputato è già stato sottoposto a ben due perizie psichiatriche e sembra proprio escluso a priori che i giudici milanesi possano disporne una terza (sempre che qualcuno la richieda): perizie psichiatriche in base alle quali si può dire che l’imputato è capace d’intendere e di volere.
Com’è noto, il sostituto procuratore Luca Petrucci non aveva condiviso le conclusioni a cui la Corte d’Assise di Varese era arrivata lo scorso 18 febbraio, quando aveva condannato Camboni a 28 anni di carcere. Per questo il rappresentante della pubblica accusa nelle indagini e nel processo di primo grado aveva presentato appunto ricorso in appello, con l’obiettivo di arrivare a Milano a una condanna dell’imputato all’ergastolo.
A chiedere il processo d’appello erano stati però anche i difensori dell’ex finanziere, gli avvocati Paolo Bossi e Filippo Caccamo, che vorrebbero arrivare a una sentenza diversa da quella di primo grado, naturalmente più favorevole a Camboni nel caso il processo bis dia un peso ancora maggiore alle attenuanti generiche che la Corte varesina aveva già concesso.
Tornando ai motivi d’appello della Procura, in primo luogo si contesta proprio il fatto che all’imputato siano state concesse le attenuanti generiche, ritenute equivalenti all’unica aggravante riconosciuta, e cioè quella di aver ucciso la propria figlia. Inoltre il fatto che l’ex militare fosse stato cacciato di casa e vivesse solo nel residence di Gavirate in cui avvenne il delitto, non sarebbe una "scusante", visto che era lì a causa di maltrattamenti e minacce contro la moglie.
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