CHI DICE DONNA
Ufficiale e madre: «Ragazze, siate tenaci»
Il tenente colonnello Marta Galbiati: mai discriminata

Confessione preliminare: quando si intervista un tenente colonnello di sesso femminile vengono in mente anche domande che non avremmo mai il coraggio di rivolgerle, intrise di italici stereotipi maschili. Per esempio: cosa prova una donna a dare ordini a un uomo? Ma dopo quaranta minuti di intervista con il tenente colonnello Marta Galbiati, 48 anni, comandante del Battaglione di Supporto del 33esimo Reggimento Supporto Tattico Logistico "Ambrosiano" al Comando NRDC-ITA di Solbiate Olona, il cronista deve arrendersi all’evidenza dei fatti: l’uniforme mimetica azzera le distanze fra uomo e donna, insomma nessuna traccia di gender gap nell’Esercito Italiano. E niente sconti rosa. Neppure quando nel 2005, tenente degli Alpini fresca di Accademia, Galbiati fu assegnata al terzo Reggimento Artiglieria da montagna: «All’epoca pesavo 45 chili e dovevo arrivare in vetta con 20 chili di zaino. Era la forza di volontà che mi faceva andare avanti», racconta l’ufficiale NATO, «un passo dietro l’altro. La montagna insegna: fa capire chiaramente che nella vita bisogna fare delle scelte e non sono tutte facili». E dire che, originaria di Casatenovo, nel Lecchese, fino ad allora fra le sue conoscenze montane poteva citare al massimo la Grigna e il Resegone: «Mi ero laureata in legge e non avevo mai fatto grandi attività sportive».
Ora il tenente colonnello Galbiati è un esempio di pacatezza e di rigore in caserma e nelle missioni all’estero, così come lo è fra le mura domestiche nei confronti della figlia adolescente. Che ha 12 anni e già suona il piano divinamente: «Giusto alcune sere fa le ho detto che in futuro la sua più grande difficoltà sarà scegliere quale dei talenti che possiede vorrà coltivare in futuro. Sono di parte, lo so».
Comandante, a proposito: lei da bambina sognava la divisa?
«Non potevo, perché allora le donne non avevano accesso alla carriera militare. Nel 2000 ho partecipato al primo concorso e il 16 ottobre sono riuscita a entrare nell’Accademia Militare di Modena grazie al fatto che, essendo la prima selezione con le donne, il limite di età era stato innalzato a 25 anni: io ne avevo quasi 24».
I suoi genitori hanno approvato?
«E ora ne sono anche orgogliosi. Siamo quattro figli, due maschi e due femmine, e tutti siamo stati trattati allo stesso modo: cioè abbiamo avuto l’opportunità di studiare e, una volta scelta la nostra strada, i genitori ci hanno sempre sostenuto».
Viviamo tempi difficili: sua figlia le fa mai domande sulla guerra?
«Visto il mio lavoro, è abituata ad affrontare certi argomenti. Credo di averle fornito degli strumenti di comprensione delle complessità che il mondo ci sta mettendo di fronte e sono stata ripagata: mia figlia ha un senso di responsabilità e di autonomia estremamente radicato per la sua età. Ma ripeto, sono di parte...».
In Italia una donna su cinque si dimette dopo il parto: lei è stata ostacolata dopo la maternità?
«Mai. Come tutte le madri ho affrontato momenti difficili, ma li ho superati grazie alla mia famiglia di origine e perché ho potuto fare affidamento sull’Esercito, che secondo me sulle politiche di welfare ha giocato d’anticipo rispetto al mondo civile. Questa rete mi ha consentito di andare in missione per lunghi periodi quando mia figlia non aveva neanche 2 anni. Era piccola ma quel passaggio le è sicuramente servito per crescere. Così come è servito a me: le difficoltà sono un’occasione per migliorarsi».
Mai subito discriminazioni?
«No. Una volta uscita dall’Accademia ho avuto subito un ruolo ben definito da ricoprire, in artiglieria, come vicecomandante di batteria, e anche in seguito non è mai capitato di valutare se questo o quel determinato incarico fosse adatto a una donna».
I colleghi avranno smesso di usare un linguaggio da caserma...
«Se fossimo state trattate diversamente forse ci saremmo sentite come delle mosche bianche».
Qual è il valore aggiunto delle donne nelle Forze Armate?
«Sicuramente uomini e donne insieme hanno una visione più completa delle problematiche a 360°. Poco tempo fa sono stati pubblicati degli studi dai quali risulta che gli stimoli chimici alla base del pensiero femminile e maschile sono fondamentalmente diversi: ecco, la parità si esercita nel rispetto di queste diversità. Le donne in uniforme trovano la possibilità di rivelarsi addirittura dei moltiplicatori di sicurezza».
Il suo Battaglione è quello che ha “combattuto” il Covid, trasportando i vaccini, le bare e allestendo in poche ore gli hub sul territorio.
«All’epoca non ero io al comando ma capacità e rapidità sono stati fondamentali. È questa la nostra caratteristica: noi dobbiamo supportare il Corpo d’Armata sotto il profilo logistico e della sicurezza in qualsiasi contesto si trovi a operare. Come in questo periodo: siamo impegnati in addestramento ed esercitazioni secondo il nuovo NATO Force Model, che vedrà questa base ricoprire dal 1 luglio il ruolo di Allied Reaction Force della NATO per rispondere con immediatezza a una crisi».
C’era una volta la leva obbligatoria: che cosa comunica ora il mondo militare ai giovani?
«Le rispondo pensando a quelli che hanno scelto la carriera militare: hanno il senso del dovere e della responsabilità, dedizione verso la singola persona e l’intera collettività. Vedo tanti altri giovani, invece, che faticano a individuare il loro orizzonte: dedicare del tempo al servizio del proprio Paese potrebbe renderli consapevoli che esistono dei valori e anche i doveri. Penso cioè a una cittadinanza veramente attiva: finché non raggiungeremo questo tipo di obiettivo non aiuteremo i nostri figli a crescere nella giusta direzione».
Genitori poco autorevoli sui figli: consigli da mamma in divisa?
«Con mia figlia non ho mai adottato il ruolo del maestro, mettersi in cattedra è respingente: ho sempre cercato di darle l’esempio attingendo dalla mia esperienza personale».
Per salvarsi dai maschi violenti, dai femminicidi, può essere utile seguire corsi di autodifesa?
«Non ne farei tanto una questione di forza fisica ma di consapevolezza della donna: compresa la situazione in cui ci si trova, si elimina dal proprio orizzonte la maggior parte dei rischi. Ma credo che gli atti di violenza siano un’espressione di debolezza e che la responsabilità sia del singolo: non vedo un conflitto di genere».
Dia un consiglio alle ragazze.
«Consiglio di prepararsi, perché il mondo di oggi non è facile. Studiare, affrontare le scelte più scomode. E poi osare, assolutamente».
Un consiglio anche ai ragazzi.
«Lo stesso. Ognuno di noi deve dare il meglio di sé, ma per farlo deve capire che a volte va percorsa la strada in salita e non quella in discesa, altrimenti si rischia di andare a sbattere».
Qual è il suo sogno più grande?
«Crescere una figlia consapevole, libera e in grado di giudicare da sola e di fare le scelte giuste».
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