ARTE
Uno sguardo. E si è dentro la pittura di Antonello da Messina

Occhi. Occhi severi, occhi piangenti, occhi estatici. Occhi che ci scrutano. Occhi che ci sorridono. Occhi che ammiccano e ammaliano. Occhi che emozionano.
È un pittore dello sguardo, Antonello da Messina (1430-1479), protagonista della mostra inaugurata a Milano, a cura di Giovanni Carlo Federico Villa, promossa e prodotta da Comune di Milano, Palazzo Reale e MondoMostre Skira. Uno sguardo derisorio, a tratti maligno (esorcizzato con tagli che ancora si notano sulla superficie), quello dell’uomo in nero di Cefalù, a lungo ritenuto un ignoto marinaio, invece identificabile nel vescovo Francesco Vitale da Noja; oppure che immerge in un dialogo interiore con il divino, con l’angelo annunziante, con una vita nuova (nell’«Annunziata», icona dell’esposizione). Occhi che interrogano l’osservatore, ricercando la sua partecipazione empatica, quelli di Michele Vianello, collezionista e agente di Isabella d’Este (dalla Galleria Borghese di Roma). Spiano, con un’annoiata attitudine ironica, quelli del «Ritratto d’uomo» dei Musei Civici Pavia; osservano, leggermente di sbieco, enigmatici e misteriosi, quelli del ragazzo di Filadelfia, che a stento trattiene nel cappuccio un ciuffo ribelle. Parla con la bocca, appena socchiusa, il ragazzo in toga rossa, cappuccio nero e becchetto ricadente, da Berlino. Sorridono persino le sopracciglia nello sguardo sardonico dell’uomo di Torino, ritratto insieme individualizzato e assoluto.
Percorrendo le sale allestite da Cesare Mari, Mauro Dalloca e Paolo Capponcelli, maestri nel creare ambienti adeguati alla fruizione di opere di piccole dimensioni, che richiedono una relazione intima con il visitatore, ci si sente al centro di un gioco di sguardi incrociati. Sguardo sull’umano e sulla realtà. Come quando ci si affaccia dalla finestra ad arco in stile catalano che fa da cornice pittorica al «San Gerolamo nello studio» della National Gallery di Londra. Ci si potrebbe perdere tra i dettagli e i simboli, la coturnice, il pavone, il gatto, il leone in controluce e i libri un po’ alla rinfusa, descritti con l’acume di un fiammingo unita a un’invenzione prospettica che ha la sapienza dell’umanesimo. Una ventina le opere esposte, grazie a prestiti nazionali e internazionali, delle 35 autografe (tutte documentate nel catalogo Skira) scampate a una serie di sfortunati eventi naturali, compresi terremoti e alluvioni, che colpirono Messina distruggendo dipinti e documenti relativi all’artista «ceciliano». Ciascuna è accompagnata – guida d’eccezione - dai disegni dei taccuini di Giovan Battista Cavalcaselle che, alle fine dell’Ottocento, ricostruì per primo il catalogo e la tecnica particolare (usava l’olio e miscele di sua invenzione con tempera all’uovo), dell’artista messinese formatosi a Napoli, maestro nel saldare sedimentazioni mediterranee e motivi fiamminghi, ambìto nella Venezia dei Bellini, dove lavorò lungo, e richiesto persino alla corte di Galeazzo Maria Sforza, come pittore abile nel restituire le immagini «al naturale».
Antonello non raggiunse mai Milano, preferendo ritornare nella sua terra, per fissare per sempre i tratti degli abitanti frutto di stratificazioni di vari popoli e genti. In tutti questi volti, che scandiscono il percorso, Antonello riesce a «cogliere l’intima essenza dell’uomo», come spiega il curatore. Essenza che traspare anche nelle immagini sacre, nel Cristo della «Pietà» del Museo Correr di Venezia, «che si è letteralmente fatto carne e sangue», nelle lacrime dell’«Ecce Homo» di Piacenza, il cui dolore umano si esprime nelle labbra piegate verso il basso. Per il gesto pudico di chiudere con una mano i lembi della mantellina di vigogna blu oltremare (le fanciulle la indossavano azzurra, le donne nera), potrebbe essere una ragazza siciliana – secondo Leonardo Sciascia – l’«Annunciata» di Palazzo Abatellis a Palermo, capolavoro di perfezione. L’umano, qui, si incontra con il divino, nella scelta modernissima di non raffigurare l’angelo, presente in forma misteriosa nell’alito di vento che muove le pagine del libro.
Divino Antonello. O, meglio, «pittore non umano», come scriveva il figlio Jacobello nel cartiglio della «Madonna con il Bambino» oggi all’Accademia Carrara di Bergamo. Una dedica struggente al padre, morto un anno prima.
Antonello da Messina - A Milano, Palazzo Reale, fino al 2 giugno; lunedì: 14.30-19.30, mart., merc., ven. e dom. ore 9-19.30, giov. e sab. ore 9.30- 22.30; 14/12 euro. Info 02.92897755.
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